
Il 2024 è l’anno dei Riti. In quanto quasi ateo non ho mai osservato le tradizioni religiose, ma oggi la parola “Riti” mi ha reso immediatamente devoto. Forse i miracoli esistono davvero… E per questo tornerò a scrivere sui prossimi Riti Settennali di Guardia Sanframondi. Riprendere vecchi appunti, tornare indietro a un tempo che non torna. E chissà, forse, perché parlarne e scriverne può dare un senso a quel che resta di questo paese.
Già, questo paese, Guardia Sanframondi. Ritorneranno da ogni parte d’Italia e del mondo per i Riti. Ma la notizia è che resteranno pochi giorni, poi, forse, torneranno, per altri giorni fra sette anni, ma sanno che non ci sarà nessun ritorno definitivo. I Riti sono una ricorrenza importante, vitale, per molti di loro. Non è solo il ritorno a casa, il ritorno alla Madre ma è un crocevia di rimpatriate familiari o tra ex-compagni di scuola. Persino fra compagni delle elementari che ricordavano ancora col fiocco in gola e ora producono bottiglie di ottima falanghina. Certo, il passato non ritorna, non esiste più, non riesci nemmeno a raccontarlo. Ma chi torna osserverà e racconterà anche quel che resta del suo passato, come è cambiato il paese, gli abitanti che non esistono più o che si sono nascosti nei deliri e nei pensieri dei pochi stupidi che sono rimasti. Parlerà di come si sono trasformati i Riti, dei nuovi “Misteri” o se nuove innovazioni vengono inventate nel presente: se, nell’epoca della globalizzazione, i Riti conservano ancora lo spirito originario. Incontrerà gente. Paesani. Emigrati. Forestieri. Giovani. Il proprietario del bar che frequentava da ragazzo. Ritroverà la gioia di vedere tutte le case aperte. Di non sentire più che a Guardia non c’è “manc ‘nu cane”. Perché Guardia in fondo non è ancora un paese per vecchi, e nemmeno per giovani… ma qualcosa rimane. Qualcosa di uguale al passato, qualcosa che non è scomparso. Molto rimane e tutto è completamente nuovo.

In questo nostro paese incerto e senza meta, distratto e obeso, ingordo e rassicurato resistono e rivivono schegge come i Riti che, tra passato e presente, tradizione e modernità, ci segnalano la potenza della Fede di un intero popolo. Ecco perché stupisce questo mio paese. Stupisce e stupisce il visitatore occasionale, lo studioso, lo straniero, i devoti e il fotografo napoletano che da molti anni spopola su Facebook con gli scorci, i tramonti, le viuzze del mio paese. Stupisce e crea uno spiazzamento piacevole poter vedere grazie ai Riti una comunità viva, poter rivedere quei coetanei tornati dai luoghi del lavoro del nord-Italia o dall’estero per rinnovare e reinventare questa tradizione che racchiude insieme lo spirito religioso e fideistico del paese, la sua anima sacra e comunitaria. Qualcuno azzarda che quest’anno ci sarà più gente e che i social giocheranno la loro parte e che molti vorranno esserci, mostrarsi, guardarsi, incontrarsi. E i giovani guardiesi non mancheranno di vantarsi su Facebook del “Mistero” chiamati a interpretare.

Tornare a Guardia è il grande desiderio di chi da Guardia è dovuto partire, è emigrato, ma molti di loro avranno qualche paura di fare un salto indietro, di non trovare il paese che hanno lasciato. Esuli curiosi che fisseranno le case vuote e le porte sbarrate del centro storico, il muschio su qualche casa chiusa, gli acciottolati. Ne calpesteranno i gradini. Chi più di loro sa che quei gradini non sono dei semplici gradini: sono tutte le persone e gli anni, gli amori, le ansie e le asprezze che i più anziani hanno vissuto assieme ad altri. Era la Guardia della fatica e dei bisogni primari quella da cui sono fuggiti, la Guardia dove i bambini diventavano subito grandi, la Guardia dove le donne non aspettavano, ma erano protagoniste nella vita lavorativa, comunitaria, sociale del paese. Chi più di loro può avere memoria di quanto è avvenuto in quei posti che nell’anno dei Riti guarderanno e guarderanno muti. Quante vite hanno vissuto quelle case passate dal mondo contadino a quello dell’emigrazione e della modernità e, poi, a quello del paese abbandonato e desolato di oggi, che vive solo durante le feste d’estate, e da dove arrivano tristi segnali di fine, appena spezzati da qualche artista straniero e da giovani guardiesi di buona volontà che hanno ancora la forza di parlare di futuro. Perché la nostalgia è un fatto privato e loro non possono avere nostalgia del nostro tempo e non possono pensare di condividerla con i loro figli. Non possono essere nostalgici per conto terzi.
E così, anche stavolta, tra spettacolarizzazione selvaggia, addetti stampa, passerelle di politici, giornalisti, media nazionali e mondiali, la memoria collettiva in quei giorni di Fede apparirà solo una favola e un’invenzione. Ognuno è responsabile del proprio tempo. E anche stavolta ci sarà chi, parlando dei Riti settennali di Guardia Sanframondi, dirà e scriverà sui social: “Ma al tuo paese siete tutti pazzi”, oppure se la prenderà con la superstizione, con l’esibizionismo di un popolo, con chi volete voi. Di sicuro negli ultimi decenni, questo fenomeno originario, è al centro di interesse, attenzione, riflessioni, narrazioni da parte di soggetti diversi, di studiosi di numerose discipline. Accanto a riflessioni attente, profonde, serie e mirate per comprendere e affrontare il fenomeno, in un quadro di “devozione” e in contesti più vasti, non mancano operazioni “strumentali”, mediatiche. Non solo, i Riti guardiesi rinviano ad alcune delle questioni più controverse e dibattute nelle discussioni intorno allo status delle culture e del nostro Mezzogiorno: ovvero quello dello “sguardo esterno” che ha spesso costruito pregiudizi culturali; con il ruolo storico giocato, per esempio, dalla Chiesa, tra appropriazione e rifiuto. Vi sembra normale? Certo, qualcuno adotterà la motivazione che le processioni, i Misteri, i Battenti, la statua della Madonna, sono solo ultimi lasciti di vecchie superstizioni, di una fede tutta osservanza e rito, liturgia e pacchianeria, ma non autentica. Mero cattolicesimo senza cristianità. I veri cristiani, vi diranno, si occupano di altro. Il resto è oscurantismo reazionario, è residuo magico di vecchie credenze popolari. È kitsch religioso. Fa niente se magari sarà un tripudio di costumi, di misteri, di vino e sangue, di canti: voci esili e pietose, canti e preghiere, in una settimana che a Guardia annulla il tempo e che mette assieme adulti e fanciulli, persone, donne uomini e cose. Misteri, testi e canti unici e irripetibili perché vengono recitati solo in quel modo e in quella circostanza.

Forse mitizzo. Ma state certi: come sempre avviene diranno che sono le ultime tracce di una tradizione arcaica e che la colpa del contagio è del protagonismo. Allora mi chiedo. E’ giusto insistere con l’eccessiva spettacolarizzazione dei Riti? È proprio necessario? Siamo sicuri che si risveglierà Guardia dopo un servizio dell’inviata della Cnn? Si rianimerà questo paese dopo la visita fugace del politico di turno?
Tutte domande che spero non rimarranno senza risposta. Di sicuro i Riti Settennali di Guardia anche stavolta saranno una rivoluzione, nel senso vero della parola. E qualcuno continuerà a pensare che i Riti di Guardia, sono il passato remoto e invece…