
Confesso che il sogno ricorrente in questa vigilia di Natale e quello d’ibernarmi e poi farmi scongelare dopo la Befana. Perché per natura non sopporto le feste, la casa ripiena di tutto, anche di gente; i consumi, i dolciumi, i regali, i pranzi infiniti, le grandi panzate, i veglioni, le luminarie, i babbi natali, i botti e le fiaccole. Il Natale stucchevole, di glassa e di ovvietà, il festival domestico delle banalità rituali. Quest’anno pur di non riavere il solito Natale e sottopormi alle più insopportabili torture, ai parenti e amici più molesti, le luci a intermittenza tra le palle, sparare i botti e perfino, la settimana dopo, ad accodarmi come un fesso al trenino di fine anno, ho deciso di non festeggiarlo; solo così capisci quanto è bello Natale, quando non puoi o non vuoi festeggiarlo, quando nessuno ti impone di celebrarlo.
Non voglio polemizzare con nessuno, almeno nei giorni stretti di Natale. E per l’anno che verrà solo propositi radiosi e attese promettenti, vivere felici e contenti. D’altra parte se pensassi il contrario ugualmente non inciderebbe affatto sulla realtà delle cose, quindi tanto vale vivere meglio pensando il meglio possibile. È gratis e non nuoce alla salute, a differenza della rabbia.
Da questo Natale così opulento, spero solo che resti una cosa, in forma di lezione: che impariamo a distinguere l’importante dal superfluo, le cose che davvero ci mancano dalle cose di cui possiamo fare a meno, che ci rendono anzi migliori proprio quando non ci sono. Non ci mancheranno, del resto, i regali e i consumi, non ci mancherà il panettone artigianale di Geppino. Non ci mancherà il lungo pranzare, ozioso e vociante, le solite voci che dicono le solite cose dei giorni di festa, gli amarcord familiari che sono in fondo l’appello degli assenti; la gita pomeridiana alla ricerca del tempo perduto. Non ci mancherà nulla di tutto quel che è riproducibile, ossia prodotto e riprodotto in serie, acquistabile ovunque, intercambiabile e trasportabile. Nulla di Natale ci sarà proibita, a volerla; tanto ce la porteranno gli angeli salariati di Amazon e per tutto il resto c’è Mastercard.
Non ci mancheranno le persone care, i luoghi più cari, i riti in famiglia, le facce, le voci, gli abbracci di chi ami davvero. Non ci mancherà nemmeno Guardia Sanframondi, a cui in tanti e malgrado tutto tornano, perché Natale è ancora la festa del ritorno. Non ci mancheranno i suoi scorci paesani, i suoi inconfondibili odori di festa e di forno, le persone che incontri al bar, anche quelle più moleste e prolisse che un tempo scansavi. E tu che spii le loro facce e le vedi uguali e cambiate, scopri nei loro volti la tua vecchiaia, ma tutto è più tenero e rassicurante quando è fatto insieme, in comunanza di sorte. Perché Natale sa essere, tra le banalità e le leccornie, anche il tempo dei bilanci e dei legami, in cui per un momento sospendi il travaglio e vedi la vita che ti scorre davanti, con le sue luci e le sue ombre, come le intermittenze delle luminarie.
Non ci mancherà la tv accesa, l’immancabile film “Una poltrona per due” su Italia uno, il Papa, e pure il discorso del Presidente, il concerto di Capodanno e il brindisi di fine anno. Questo Natale opulento, di Quid e Falanghina, questo Natale con le famiglie troncate, magari ci farà capire la mancanza dei propri affetti, dei figli lontani, ci farà capire com’è importante la presenza. Perché non esistono le cose senza le persone, non esistono i regali senza la festa degli sguardi di chi dona e di chi riceve, non esistono doni senza il pacco degli affetti che li accompagnano.
E infine capire che non c’è Natale senza baci e senza abbracci; quel che pensavamo fosse il contorno o la cornice era invece l’essenza e il cuore natalizio.
Giro intorno per dire la parola chiave: questo Natale opulento ci serva almeno a scoprire che la metà più preziosa e luminosa di Natale è quella in ombra, quella che non si vede.
Buon Natale