Ieri, quel sovversivo di Geppino ci ha ricordato come Guardia fosse, in piena estate, alle 9 di sera, deserta. Un paese deserto, deserto e vuoto, senza piazza, senza bar, senza rapporti, senza punti di riferimento, un paesaggio sfigurato… Che fare? Aspettiamo l’anno dei Riti per tentare ancora una volta di salvarci? Per salvare il paese. Per salvare la specie guardiese (se siamo ancora in tempo). Aspettiamo l’estate dei Riti per una grande rivoluzione culturale, morale, per rigenerare i nostri luoghi e i nostri cuori? Aspettiamo la prossima estate per pensare altrimenti, immaginare altri racconti, per questo paese?
Negli anni sessanta il paese era denso, fitto, di uomini, donne e animali. Nelle case – oggi ruderi – si stipavano famiglie di dieci e più persone. Le campagne, le processioni, i comizi erano piene di gente. C’era il pieno delle strade, del raglio degli asini, del vagabondare di gatti e di cani, dei giochi dei bambini fra le case del centro antico, dei pettegolezzi, degli abbracci e dei litigi. Poi arrivò il pieno delle corriere e dei treni che partivano dalla vallata telesina con famiglie stipate e che piangevano come le persone che restavano. C’era chi salutava e diceva arrivederci sapendo che mentiva. Le case chiudevano ma si pensava al ritorno. Partivano per l’Australia, la Germania, Milano, Torino… e qualcuno (meno distante) tornava in estate con il sogno di trovare un paese cambiato. Bisogna tornare, dicevano ai restanti tra un tressette e un bicchiere di vino. E chi non tornava, rinviava il ritorno a tempi migliori, a quando si celebravano i Riti. Tanto il paese aspetta, pensavano. Il paese non li ha aspettati. È mutato. È cambiato, ma si è svuotato. Adesso, come ci ha fatto vedere ieri sera Geppino, le strade sono vuote, le case chiuse, la gente abita in un paese che si disabita, le persone non sono tornate, nessuno gioca più a tressette nei bar. Chi esce non incontra nessuno. Le persone preferiscono riunirsi in gruppi chiusi nelle proprie case, frequentare luoghi e locali dei paesi circostanti. Eppure Guardia la ricordiamo piena e ciarliera. Bella e rissosa. Compatta pure nella sua frantumazione e viva con tutti i suoi funerali. Gli abitanti oggi sono 4.500, molto meno dei settemila degli anni 60/70. I giovani che non sono partiti somigliano ai padri e invecchiano come loro. Guardia ormai è diventato soltanto il luogo dei ricordi, degli affetti e dei tradimenti, delle nostalgie e degli addii, dei pianti e delle maledizioni. Molte illusioni sono crollate, molti miti tramontati, si sono sperimentati gli inganni e i disincanti, le menzogne e le bugie della politica (che ha altri interessi). Non si può tornare indietro, nulla può più essere come prima. Oggi Guardia è sospesa, appesa, tra passato che non passa, ossessione del presente, paura del futuro. Che fare? Dobbiamo pensare altrimenti, immaginare altri racconti. Dobbiamo ripensare l’identità guardiese oggi, anziché accettare che sia solo turismo godereccio, migrazioni e decisioni mai prese? Vivere questo paese non deve essere più considerato un atto di eroismo, una scelta saggia per alcuni (soprattutto forestieri), per loro una vera e propria fortuna con il vivere in un ambiente sano, genuino, protetto, lento. Vivere Guardia per il guardiese non è facile. Non lo è per niente. Anni e anni di vuoto poi hanno mutato economia, società, antropologia del paese. I sopravvissuti checché ne dica la narrativa istituzionale non sono eroi felici: stanno male, si sentono soli, si lamentano, litigano. Invidie, rancori, solitudini sono l’esito di un degrado sociale economico e morale durato troppo a lungo. Oggi tutto è praticamente in estinzione. Nessuno sa come far vivere ancora questo paese e se avrà una vita e quale, e chi prova a prospettare soluzioni è messo ai margini. La gente sta invecchiando assistendo alla partenza dei propri figli. Padri e madri che hanno tutti i figli fuori e le case costruite per loro vuote e a volte cadenti perché i muri crollano se non hanno chi li parla. Guardia vive come un’ingiustizia la fuga dei suoi figli e dei giovani perché non è più una scelta, ma una costrizione. Qui non si può stare anche perché nessuno in passato ha creato le condizioni per farlo. Solo vane, vacue, vuote illusioni, tante retoriche sulla rigenerazione e sulla rinascita di Guardia.
Potrei continuare ma sarebbe solo proseguire un elenco di ricordi, di promesse, nefandezze e bugie che conoscete già. A Guardia serve ben altro che le mie chiacchiere.
Raffaele hai perfettamente ragione. Purtroppo la politica non pensa al futuro, non fa scelte lungimiranti per creare le occasioni, le giuste motivazioni, le strutture, lavoro affinché le future generazioni restino nel proprio paese natio per migliorarlo e nello stesso tempo sentirsi realizzati. La foto postata da Geppino è l’emblema che il paese è abitato da bambini e persone anziane che dopo cena vanno a dormire senza “carosello”.
Silvio Vulpius
Capocefalo