Se Guardia potesse parlare

Ha ragione a dire quel giovane candidato della lista “Guardia sei tu”, che i guardiesi non se li meritano. È troppo per loro. Guardia nel cuore… Guardia è amore… Guardia sei tu… Guardia qui… Guardia lì… Guardia su… Guardia giù… Guardia il meglio figo del bigonzo… Ah, se Guardia potesse parlare. Hanno tanta ragione a dirlo che estenderei la loro saggia osservazione all’Italia intera e all’Universo intero: è vero, noi guardiesi non ci meritiamo di nuovo i competenti al potere. Non ci meritiamo il loro candidato sindaco così come non ci siamo meritati Floriano Panza, non ci meritiamo le More e le Bionde e non ci meritiamo chi si prende così tanta cura del nostro trapasso, non ci meritiamo lo sciame di neolaureati super incaricati, super consulenti e super raccomandati nelle istituzioni del territorio. Non ci meritiamo tutta quella gente piena di retorica, che non si pone mai nelle condizioni di autocritica e cerca di screditare tutto e tutti pensando che la solita pacca sulle spalle sia sufficiente per risolvere i problemi. Ma soprattutto non ci meritiamo Micheluccio. È troppo per noi. L’altra sera sul ballatoio, mi ha profondamente colpito, sembrava quello piovuto dal cielo come nei quadri di Magritte, gli mancava solo la bombetta. Già, Micheluccio, il più in forma di tutti, quello che il testo del discorso lo teneva ben riposto nella tasca della giacca ed è andato a braccio: “Abbiamo una responsabilità storica grande. Saranno altri cinque anni duri”. Sia chiaro, Micheluccio non è un crociato. Non gli si addice. Dal palco infatti non punta l’indice. Non sparge fede. No, questa che sta facendo sul serio, resistendo alla tentazione del disincanto, è come la chiama lui una “campagna d’ascolto”. Campagna politica senza clientes ma con i cittadini. Campagna culturale senza compagnie di giro. Meglio. Come un donchisciotte che armato d’utopia dice ai guardiesi che quelli che vedono sono davvero mulini a vento. Siamo – è vero – un popolo istrione, gigione, con tendenza alla buffoneria, ma un Guitto di mestiere come consigliere comunale (e una miriade di altri incarichi), come factotum-ombra o reggitore del potente parente, per altri cinque anni non ce lo meritiamo. Troppa grazia. Ma tuttavia è curioso che proprio lui, che è stato così generosamente beneficiato, adotti ora l’argomento tipico di chi detesta confrontarsi con le competizioni elettorali: se un sindaco o un amministratore non funziona per una città o per un popolo, allora bisogna cambiare i cittadini o i popoli, non certo il sindaco o chi governa. Lo diceva Bertolt Brecht, certo, ma sono certo lo pensano pure loro. E quando si scopriranno sconfitti statene certi si trincereranno in questa posizione aristocratica da Marchese del Grillo: i guardiesi non ci meritano. Si che non vi meritiamo, che abbiamo fatto così di male per meritarvi? Non bastava già meritarsi quella sottospecie di ultra competente, abbiamo compiuto crimini così gravi da meritarci addirittura pure Micheluccio? È vero, dieci anni fa il loro avvento al potere, ha segnato il trionfo di una nuova specie transumana guardiese, il Capace per definizione, l’Esperto di tutto, che andando al potere, viene preso dal delirio d’onnipotenza. Avete visto come abbiamo restaurato il Centro Storico? Ammazza, che restauro… Di certo i Micheluccio non sono la redenzione di Guardia. Non è la nuova stagione. È la stessa Guardia, con gli stessi voti, le stesse facce, gli antichi vizi, solo incantati. E gli incantatori – seppur, sotto falso nome – sono ancora una volta loro. A terra, in tutto questo, resta la Guardia come e sempre è stata. Quella dispensatrice di privilegi e prebende agli amici degli amici, quella che ha ripudiato la sua bellezza per trasformarla in miseria. Quella che oggi è solo una beffa della storia. Quella che si è prostituita ai quaquaracquà.

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