“I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela (…). Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello…”. Tre anni prima di morire, Enrico Berlinguer descriveva così quella che per lui rappresentava un’urgente, drammatica “questione morale”. Oggi la definizione di “macchina di potere e di clientela” descritta da Berlinguer si adatta e ricalca quasi al millimetro la geografia dell’Italia di oggi. Con una una sola certezza: il fondo non è stato toccato semplicemente perché non esiste, scenderemo sempre più in basso. Soltanto in questo contesto si possono inquadrare le vicende di questi ultimi anni. Corruzione a tutti i livelli della vita economica, civile e politica. Scambi di favori. Una politica “appetitosa”: un carro sul quale tentano e tenteranno di salire faccendieri di ogni tipo. Sfruttamento di risorse pubbliche a vantaggio di interessi privati. Diffusa mafiosità dei comportamenti. Un vero e proprio bollettino giudiziario quotidiano di indagati e arrestati. La situazione nel nostro Paese appare desolante: le truffe, le ruberie, i comportamenti fraudolenti, somigliano ad una metastasi dentro un corpo gravemente malato. Élite intellettuali che restano incapaci di interpretare il profondo bisogno di rinnovamento. E una sorprendente maggioranza di italiani che approva e nutre tutto ciò. Scriveva Flaiano: “La società va trattata tenendo conto che è composta di persone sensibili alla corruzione, al disprezzo, all’adulazione. Usando queste tre leve non dovrebbe essere difficile dominarla.” (Ennio Flaiano, Taccuino del marziano, 1960). Una situazione talmente degenerata che per ricoprire certi ruoli all’interno della società civile e politica occorre essere sudditi, servili, persone prive di qualsiasi dignità. Come siamo giunti alla misera situazione nella quale ci troviamo? A questo stato d’emergenza etica? Nessuno si prende più la responsabilità di fare le cose. Gli “amministratori onesti” coincidono sempre più spesso con quelli che alzano le mani e declinano ogni responsabilità. Interessati più alla perfezione formale del loro agire, e non invece alla loro sostanza politica. Il punto naturalmente non è se la politica debba o meno avere rapporti con gli interessi, ma che cominci a essere quello che non è mai diventata: un luogo dove chi chiede il consenso dei cittadini testimoni con i comportamenti, non solo con le dichiarazioni, un rigore etico e una distanza dagli “affari” che sono gli unici veri antidoti alla corruzione e al dilagare di quella che viene definita, a torto, antipolitica. La questione morale è questa, e di certo non è ancora stata risolta, non è alle nostre spalle ma dinanzi a noi.