È di nuovo quel periodo dell’anno. Le luminarie lampeggiano con l’entusiasmo di un elettrocardiogramma piatto, pentole di lagana e fagioli spuntano nelle piazze come funghi dopo la pioggia, e dal palazzo comunale arrivano gli auguri di rito. Quelli belli, sentiti, che scaldano il cuore come una caldaia rotta la vigilia di Natale. Ma quest’anno vogliamo fare qualcosa di diverso. Vogliamo celebrare. Sì, celebrare davvero. Perché dopo trent’anni di magistrale gestione della cosa pubblica a Guardia, abbiamo finalmente raggiunto un traguardo straordinario: la perfezione immobile. Quella condizione zen in cui nulla cambia perché, diciamocelo, perché mai dovrebbe?
Partiamo dagli auguri più meritati: quelli all’amministrazione Di Lonardo. Gente che ha capito tutto della vita. Perché affannarsi con progetti, visioni, programmazione, quando si può tranquillamente amministrare l’esistente? È un po’ come quei giardinieri che non piantano mai nulla di nuovo, ma sono bravissimi a guardare l’erba che cresce da sola. Talento puro. E che abnegazione, che spirito di sacrificio! Decennio dopo decennio, mandato dopo mandato. Sempre lì. Sempre disponibili. Sempre pronti a quel gravoso compito di… beh, di esserCi. Perché evidentemente nessun altro in paese ha le competenze necessarie. Nessuno. In trent’anni non è spuntato un solo altro nome credibile. Che sfortuna, vero? O forse che bravura nel non farlo spuntare.
E poi ci siete voi, cari compaesani. Meravigliosi nella vostra resilienza. Avete sviluppato quella rara capacità di abbassare le aspettative fino al livello del marciapiede (dove c’è, beninteso). Votate sempre gli stessi? È fedeltà. Vi accontentate delle briciole? È modestia. Non protestate mai? È educazione. Siete diventati maestri nell’arte della memoria selettiva: scommettiamo che anche stavolta, alle prossime elezioni, dimenticherete puntualmente tutto, come in un oblio programmato. E quella magnifica tradizione locale del voto “perché tanto, se vince quello, almeno conosco uno che conosce uno che potrebbe farmi il favore”? Capolavoro di pragmatismo. Chi ha bisogno di servizi efficienti quando puoi contare su una rete clientelare così ben oliata? La qualità della vita? I servizi? Essenziali nel senso letterale del termine: il minimo sindacale elevato a filosofia di governo. I giovani che se ne vanno? È colpa della globalizzazione, mica nostra. Loro “non capiscono le bellezze del paese”. Preferiscono posti con quelle sciocchezze tipo opportunità, servizi, futuro. Materialisti. E per l’anno nuovo? Qui la fantasia galoppa. Immaginiamo già i comizi dal ballatoio di piazza Castello della prossima campagna elettorale: “Proseguiremo nel nostro impegno costante.” Traduzione: faremo esattamente quello che abbiamo fatto finora. “Ascolteremo le istanze dei cittadini.” Traduzione: vi faremo parlare, poi faremo come ci pare. “Investiremo sul futuro.”
Traduzione: magari, se avanza qualche soldo. Bellissimo anche il classico “Dobbiamo fare squadra”. Eh sì, la squadra. Quella con la stessa formazione, lo stesso allenatore, lo stesso presidente, gli stessi giocatori di sempre… Però “dobbiamo fare squadra”.
Quindi, in questo spirito di sincerità natalizia, ecco i nostri veri auguri: Auguri a chi in primavera andrà a votare ancora una volta per “quello di sempre”, perché almeno “lo conosci”. Sì, lo conosci. È proprio questo il problema.
Auguri a chi pensa che cambiare sia troppo rischioso. Meglio la certezza del mediocre che l’incertezza del possibile. È la filosofia del “meglio un uovo oggi che una gallina domani”, anche se quell’uovo è marcio da trent’anni.
Auguri agli amministratori che anche a fine mandato riusciranno nell’impresa di fare meno del minimo senza che nessuno se ne accorga davvero. O meglio: che tutti se ne accorgano, ma che nessuno faccia niente.
Auguri a chi critica tutto l’anno e poi, in cabina elettorale, ha la memoria di un pesce rosso con l’Alzheimer.
E infine auguri a Guardia Sanframondi stessa, che ha ormai sviluppato quella magnifica condizione psicologica nota come sindrome di Stoccolma municipale: affezionati ai propri carcerieri amministrativi, convinti che in fondo “potrebbe andare peggio”. Potrebbe anche andare meglio, ma è un’ipotesi fantascientifica.
Sapete qual è il vero regalo che vorremmo trovare sotto l’albero? No, non una nuova amministrazione competente (siamo realisti, mica possiamo chiedere miracoli). Nemmeno servizi decenti o una qualità della vita migliore. Quello sarebbe chiedere troppo. Il regalo vero sarebbe un elettorato sveglio. Cittadini che smettano di votare per “quello che mi ha fatto il favore”, per “quello della mia parte”, per “quello di sempre perché almeno lo conosci”. Persone che capiscano che il voto non è una cambiale da riscuotere, ma uno strumento per scegliere chi ti governa.
Ma tranquilli: anche quest’anno sotto l’albero troveremo le solite cose. Il solito maglione, cioccolatini e la certezza granitica che fra cinque anni saremo ancora qui a scrivere lo stesso identico pezzo, cambiando solo l’anno nel titolo.
Quindi alziamo i calici (quelli di plastica, che poi i calici veri vanno lavati con l’acqua piena di calcare). Brindiamo alla continuità, alla tradizione, alla rassegnazione elevata a virtù civica. Brindiamo a chi ha capito che a Guardia, in politica, “cambiamento” è una parolaccia peggio di quelle che si dicono sotto le feste quando ti bruci con la pentola.
Buon Natale, Guardia Sanframondi. E quando, fra un anno, ci ritroveremo qui con le stesse facce, gli stessi problemi e le stesse scuse, almeno avremo la consolazione di dire: “Ma almeno siamo stati coerenti”.
Auguri. Sul serio. Ne avrete(mo) bisogno.
P.S. Questo testo si autodistruggerà tra cinque secondi. O forse no. Forse resterà lì, come tutto il resto in questo paese: immobile, ignorato e sostanzialmente inutile. Ma almeno ci abbiamo provato. O forse nemmeno quello.