C’è chi, per difendere il cartellone natalizio (!!!) di quest’anno a Guardia Sanframondi, invita alla calma, alla moderazione, al “non si può fare sempre tutto”, “non ci sono soldi”. E poi ci sono i cittadini, quelli che hanno visto il programma (immaginario, purtroppo), lo hanno riguardato – giusto per essere sicuri – e alla fine hanno sospirato. Non con rabbia, ma con quel tipo di sconforto gentile che nasce quando si capisce che il problema non è che le cose vadano male: è che non sembra proprio ci sia la volontà di farle andare meglio.

Perché, se siamo onesti, a Guardia il Natale è stato programmato come se si trattasse di un compito da consegnare all’ultimo minuto: “qualcosa dobbiamo pur mettere!”. E quel qualcosa si traduce, per il quarto anno consecutivo, nell’ormai rituale concerto gospel. Un evento gradevole, per carità, con musicisti e voci di livello… ma che rischia di diventare la metafora perfetta di un’amministrazione che, invece di innovare, replica. In copia carbone.

Nel frattempo, basta guardare a pochi chilometri di distanza per rendersi conto di quanto potenziale ci stiamo lasciando scappare dalle mani.

Altrove, per esempio, il centro storico si anima con mercatini artigianali curati nei dettagli, spettacoli in piazza, attività per bambini, laboratori di ceramica, visite guidate e un’atmosfera che fa letteralmente venire voglia di uscire, partecipare, vivere il paese. Dove la programmazione è ancora più ricca: villaggi di Natale illuminati, eventi, spettacoli itineranti, artisti di strada, iniziative culturali pensate non solo per i residenti, ma anche per attirare visitatori. In altre parole, un investimento – culturale prima ancora che economico – che dà frutti immediati.

E da noi? Da noi il Natale somiglia un po’ a un ritiro spirituale.

Le strade sono quiete, il cartellone è essenziale, la fantasia è rimasta imbottigliata da qualche parte. Se l’obiettivo dell’amministrazione era quello di favorire la meditazione, missione compiuta: con così pochi eventi, e qualche libro riflessivo per pochi intimi (sempre gli stessi), il tempo per contemplare non manca. Si può meditare sulla mancanza di iniziative, sul perché non si riesca a creare un Natale vivace, o sul motivo per cui tutto sembra ridursi a un appuntamento musicale per pochi intimi (sempre gli stessi).

Questa non è una critica fine a sé stessa. Non è neppure un attacco personale. È un richiamo, doveroso, alla realtà: Guardia Sanframondi può dare molto di più. E lo sappiamo tutti. E allora perché accontentarsi del minimo indispensabile? Perché lasciare che comunità vicine – con risorse simili o addirittura inferiori – riescano a offrire programmi natalizi articolati, mentre noi sembriamo bloccati in una sorta di loop annuale?

Perché non provare a immaginare un Natale diverso, capace di illuminare veramente il paese, il centro storico, valorizzare i rioni, coinvolgere i produttori localicon i mercatini, animare piazze e vicoli, creare attrazione e movimento?

Qui il tono deve farsi inevitabilmente duro: la mancanza di ambizione è una responsabilità politica. Così come la scarsa capacità di programmazione, l’assenza di visione a medio termine, il non voler – o non riuscire – a coinvolgere cittadini e professionalità, a costruire reti con associazioni e realtà locali che potrebbero dare molto, se solo venissero messe nelle condizioni di farlo. Ma, allo stesso tempo, il tono deve farsi anche ironico: perché è quasi grottesco vedere come, anno dopo anno, ci si affidi allo stesso identico format come se fosse l’elisir del Natale. E un po’ sarcastico, perché sembra che si pretenda l’applauso per aver fatto ciò che, altrove, rappresenta solo una parte minima di un programma ben più ricco.

E infine anche istituzionale, perché un’amministrazione – qualunque essa sia – deve essere invitata a riflettere: non per essere demolita, ma per crescere.

Guardia Sanframondi non merita l’ennesimo Natale spento, ripetitivo, scarno. E sicuramente non bastano le luminarie. Merita un Natale all’altezza della sua storia, delle sue potenzialità, della sua gente.

Quest’anno non è andata così.

E riconoscerlo non significa essere negativi: significa voler bene al proprio paese.

L’augurio è che questo testo possa servire da stimolo, da punto di partenza, da invito a immaginare – finalmente – un Natale che non faccia solo meditare… ma emozionare.