C’è chi parla di borghi che rinascono e poi c’è Guardia Sanframondi, dove il verbo più appropriato sembra essere un altro: crollare. Qui il centro storico non “vive una fase di difficoltà”, come dicono i comunicati ufficiali, ma si sbriciola letteralmente sotto gli occhi (chiusi) dell’amministrazione comunale.

Le pietre, quelle antiche, non raccontano più storie: cadono. I balconi non si affacciano più sulla valle, ma si staccano dalle facciate con un certo entusiasmo. I tetti, ormai, sono solo un lontano ricordo: un po’ come la manutenzione ordinaria, che sembra appartenere a un’altra epoca, forse mitologica. Eppure, di segnalazioni ce ne sono state: da decenni. Ogni crepa ha la sua storia, ogni gru, ogni impalcatura un suo anniversario. Gli abitanti, rassegnati, sanno che a Guardia Sanframondi il tempo non passa: crolla lentamente. Ultimo episodio di questa tragicommedia edilizia, un fabbricato pericolante che si affaccia sullo “stretto della Portella”, arteria principale e già simbolo del paese. Un altro crollo annunciato, come sempre, preceduto da anni di silenzi e promesse, e seguito — come da copione — dalla (più che probabile, a questo punto) solita chiusura della strada “a tempo indeterminato”. Del resto, non è la prima volta. Già lo scorso anno la stessa sorte toccò a un altro edificio nelle vicinanze, e la comunità dovette convivere con “archi di trionfo”, transenne, deviazioni e l’immancabile formula magica: “stiamo valutando gli interventi necessari per mettere in sicurezza l’intera area”. Valutando, appunto.

Così, mentre si organizzano eventi culturali, festival e sagre per “valorizzare il borgo” per la prossima campagna elettorale, il borgo stesso sembra voler uscire di scena. Non per stanchezza, ma per gravità: quella di Newton, non quella morale.

Oggi Guardia è il paese delle contraddizioni: striscioni celebrativi in piazza e muri che non reggono le finestre stesse, progetti di rinascita e cadute reali, patrimonio storico e patrimonio edilizio in stato di coma irreversibile. E allora, viene spontaneo chiedersi: se davvero questo paese è “un gioiello da preservare”, perché da decenni lo si tratta come un relitto da dimenticare? Forse perché, in fondo, lasciare che tutto cada a pezzi è la strategia più economica per rifare il look al borgo: prima o poi non resterà nulla da restaurare.

A quel punto sì, sarà tutto più semplice.

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