Fra qualche decennio, a Guardia non resterà più nessuno. Non è una metafora, né una premonizione da romanzo distopico: è un semplice calcolo demografico. I figli unici di oggi, già poco inclini alla riproduzione, cresceranno in un paese svuotato, e saranno ancora meno propensi a mettere al mondo altri guardiesi. E così, in modo lento, inesorabile e silenzioso, ci spegneremo. Con grazia. Con ordine. Con i conti pubblici in rosso.
Ma allora, perché non monetizzare l’estinzione? Perché non mettere in vendita la nuda proprietà di Guardia, conservandone l’usufrutto fino alla morte dell’ultimo residente, e poi consegnare chiavi, atti notarili e vigne al miglior offerente internazionale?
Una provocazione? Certamente. Ma anche una proposta.
Perché la realtà è questa: Guardia si sta svuotando. Lo dice l’Istat, lo dice il numero di nascite, lo dice il silenzio che cala ogni inverno sul paese, quando restano solo le luci fioche e le auto dei sonnamboli un po’ alticci. Lo dice anche quel manifesto davanti al Municipio con i nomi dei neonati, sempre meno, sempre più soli. Ogni bambino nuovo è una notizia. Ogni nascita è quasi un miracolo. Ma un miracolo isolato non fa primavera.
E pensare che si diceva già quando noi eravamo bambini, che “nascevano pochi bambini”. Una frase sentita così tante volte da diventare quasi un mantra, eppure… eccoci qui, ancora in giro. Sembra incredibile, ma forse siamo solo gli ultimi superstiti di un mondo che si ritira. O, chissà, siamo già tutti figli di frazioni genetiche, messi insieme con le rimanenze del patrimonio demografico locale: un quarto da San Lorenzo, un ottavo da Cusano, il resto improvvisato.
Dunque, prepariamoci. Fra un po’, resteremo in pochi, pochissimi. Figli unici, magari anche nipoti unici. Viziati. Disabituati a condividere. Incapaci di vivere una comunità che, intanto, si è già dissolta. La scuola chiuderà, l’ambulatorio dell’ultimo medico di base si svuoterà, e persino il prete (se ancora c’è) dirà messa in streaming per assenza di fedeli.
E allora che si fa con questa collina meravigliosa, che guarda la valle, che profuma di storia, di mosto, di pane fatto in casa e di sere d’estate? Che si fa di Guardia? Forse non è solo un problema nostro — direte voi — e forse avete anche ragione. Ma se invece fosse un’occasione?
Ecco l’idea: mettiamo in vendita la nuda proprietà del paese. Conserviamo l’usufrutto, continuiamo a vivere la nostra vita fino alla fine — mangiando bene, godendo del clima mite, osservando le stagioni cambiare da dietro i vetri. Poi, alla morte dell’ultimo residente, Guardia passerà a chi ha investito. Una nuova popolazione, magari più giovane, più fertile, con nuove idee, nuove lingue e nuovi sogni. Non è uno scherzo. È una visione. C’è chi vende case a pochi euro, noi potremmo vendere l’intero paese. Un colpo da maestro. L’amministrazione Di Lonardo avrebbe l’occasione di passare alla storia: l’ultima giunta prima della rinascita… o della fine.
Sì, vi vedo che vi toccate. Siete guardiesi, quindi scaramantici. Pensate che appena firmato l’atto, il compratore inizierà ad augurarvi la morte. Ma suvvia, non possiamo più permetterci di cedere alla superstizione. L’affare è troppo buono per lasciarselo scappare. Un piccolo sacrificio, in fondo: morire comunque dobbiamo, tanto vale farlo con i conti in ordine e un bicchiere di aglianico in mano.
Affiggiamo il cartello: VENDESI NUDA PROPRIETÀ. Dalla Fontanella al bivio per San Lorenzo, da una curva all’altra. Magari non si presenta nessuno. Ma magari sì. E a quel punto, chissà che ci faranno, quegli altri, con Guardia… Forse qualcosa di meglio. O forse semplicemente qualcos’altro. Ma almeno non sarà stata una resa, sarà stata una scelta.
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