C’è un errore ricorrente che molti commettono ad ogni giro di elezioni, ogni quinquennio, a Guardia. Errore commesso da chi ha a cuore la nascita di una nuova politica che vada a scardinare il maledetto bipolarismo pluridecennale in cui ormai siamo già ri-scivolati. L’errore è quello di guardare alle elezioni con una prospettiva tatticista, da “mestierante” politico (che non è un male di per sé), di pensare in termini di tattica, di consenso e di percentuali elettorali.

Ogni cinque anni, puntuale come le tasse, a Guardia si replica lo stesso spettacolo stanco e prevedibile. Cambiano le facce (ma neanche troppo), si riciclano gli slogan, si promette il cambiamento. E poi? Poi tutto rimane identico, perché dietro le quinte sono sempre gli stessi personaggi a muovere i fili, gli stessi nomi che da decenni si passano il testimone come in una staffetta infinita dove nessuno vince mai davvero, ma tutti continuano a correre. Chiamiamola pure “democrazia locale”, se vi piace. Ma a noi sembra più un circolo vizioso dove i protagonisti si alternano ai ruoli di maggioranza e opposizione con la stessa disinvoltura con cui si cambiano le giacche al cambio di stagione. Un giorno da una parte, domani dall’altra. Oggi avversari, domani alleati. E il paese? Il paese guarda, sempre più disilluso, sempre più lontano.

Non prendiamoci in giro: oggi i due poli tradizionali che si contendono Guardia sono diventati indistinguibili. Il solito copione: due facce della stessa medaglia. Stesse logiche, stessi metodi, stesse clientele da accontentare. Cambiano gli slogan e i colori dei loghi, certo, ma la sostanza è identica. Sono lo specchio l’uno dell’altro, e quello che riflettono non è certo edificante. È una politica fatta di piccoli favori e grandi promesse, di annunci roboanti e realizzazioni mediocri, di scontri feroci in campagna elettorale e accordi sottobanco appena si spengono i riflettori. Una politica che non parla più alla comunità, ma a sé stessa. Che non costruisce futuro, ma amministra il presente con l’unico obiettivo di sopravvivere fino alle prossime elezioni. E così Guardia langue. I giovani se ne vanno, i servizi arrancano, il paese si sfarina. Ma nessuno si preoccupa davvero, perché l’importante è mantenere gli equilibri, non disturbare troppo, garantire che il sistema continui a girare su sé stesso. Come un criceto sulla ruota: tanto movimento, zero progresso.

Ogni volta che si avvicinano le elezioni, puntualmente, qualcuno tira fuori l’idea della “terza lista”. L’alternativa. Il nuovo che avanza. E ogni volta, puntualmente, questa possibilità si dissolve come neve al sole. Perché? Non certo per mancanza di persone intelligenti o di buona volontà. Ma perché anche i tentativi di novità finiscono per ragionare con la vecchia logica: consenso, percentuali, accordi sottobanco, giochi di palazzo camuffati da civismo. Il risultato? Civiche mascherate che puzzano di vecchio a chilometri di distanza. Contenitori vuoti con etichette nuove. Operazioni di facciata dove i soliti noti si nascondono dietro volti nuovi, sperando che nessuno se ne accorga. Ma la gente non è stupida. La gente vede, capisce, e poi decide di votare scheda bianca. Perché votare qualcuno, se tanto è sempre la stessa minestra?

Eppure, proprio adesso, proprio in questo momento di massima disillusione, si nasconde un’opportunità straordinaria. Perché quando il gioco è ormai scoperto, quando nessuno ci crede più, è proprio allora che si può ricominciare davvero. Serve una squadra – chiamiamola così per ora, senza le pompe e le etichette della vecchia politica – giovane e meno giovane, cittadini, professionisti, che nasca da una domanda semplice ma radicale: che comunità vogliamo essere? Non “chi vogliamo vincere”, ma “cosa vogliamo costruire”. Non “come ci dividiamo la torta”, ma “quale torta vogliamo preparare insieme”. Questa squadra non può nascere nei soliti salotti della politica paesana, dove si consumano caffè e si stringono mani con la stessa ipocrisia di sempre. Deve nascere altrove: tra chi oggi guarda la politica locale con disgusto, tra chi va a votare anche se sa che “tanto è inutile”, tra chi lavora ogni giorno per Guardia senza chiedere nulla in cambio, tra i giovani che vorrebbero restare ma non vedono ragioni per farlo.

E qui sta il punto decisivo, quello che farà la differenza tra l’ennesima delusione e una vera svolta: nessuna alleanza con i vecchi. Nessuna. Zero. Nisba. Niente accordi “per governare meglio”, niente vecchi volponi travestiti da “competenti” prestati alla politica che poi tornano nei loro feudi, niente facce nuove con dietro le vecchie logiche. Un raggruppamento autenticamente nuovo deve essere radicale fin dal primo momento. Deve accettare il rischio di perdere, di restare minoranza, di essere deriso dai mestieranti del consenso. Perché solo chi è disposto a perdere con coerenza può vincere con credibilità.

Questo significa dire no ai personaggi che da decenni monopolizzano la scena. Non per cattiveria personale, ma per una questione di igiene democratica. Hanno avuto il loro tempo, le loro occasioni. E il risultato è sotto gli occhi di tutti. È ora che si facciano da parte, non per tornare con un altro vestito, ma definitivamente.

Immaginare un’altra Guardia. Guardia oggi è un paese che non sa più chi vuole essere. Manca un’idea di futuro, un orizzonte condiviso, un sogno collettivo. Siamo diventati bravi ad amministrare l’ordinario (quando ci riusciamo), ma abbiamo dimenticato come si costruisce lo straordinario. Una vera squadra alternativa deve ripartire proprio da qui: dalla capacità di immaginare. Di guardare oltre i problemi quotidiani – che pure vanno risolti – e chiedersi: tra dieci anni, tra vent’anni, che comunità vogliamo essere? Quali valori vogliamo difendere? Quale eredità vogliamo lasciare? Serve rimettere al centro parole che sono state svuotate di senso dal chiacchiericcio politico: non come slogan ma come pratica quotidiana. Cura, del territorio, delle persone, delle relazioni. Responsabilità, non come peso ma come privilegio di chi può contribuire al bene comune. Visione, non come genericità da manifesto elettorale ma come capacità concreta di progettare il futuro.

Non siamo ingenui: un raggruppamento così non vincerà probabilmente le elezioni della prossima primavera. I vecchi lupi della politica locale hanno troppa esperienza, troppe leve da muovere, troppi favori da riscuotere. Ma questa non è una ragione per non provarci. Anzi. Perché la vera vittoria non si misura in voti conquistati, ma in coscienze risvegliate. In persone che tornano a credere che la politica possa essere altro. In giovani che decidono di restare perché intravedono un futuro possibile. In una comunità che riscopre il gusto di discutere, progettare, costruire insieme. Serve seminare oggi per raccogliere domani. Serve accettare che il cambiamento profondo non si fa in un ciclo elettorale, ma si costruisce nel tempo, con pazienza e ostinazione. Serve la lungimiranza di chi sa che ogni grande trasformazione parte da un primo passo coraggioso.

Allora la domanda vera è: chi ha il coraggio? Chi è disposto a uscire dall’apatia per costruire qualcosa di nuovo? Chi ha la generosità di mettersi in gioco senza pretendere tornaconti personali? Chi ha l’intelligenza di capire che Guardia non ha bisogno di altri politicanti, ma di cittadini che si assumono la responsabilità del futuro collettivo? Servono persone normali con idee straordinarie. Servono competenze al servizio della comunità, non carriere da costruire. Serve passione autentica, non l’ambizione di chi cerca una poltrona. Se esistono ancora a Guardia persone così – e noi sappiamo che esistono – è il momento di farsi avanti. Fatevi avanti! Incontratevi, discutete, progettate. Per vincere le prossime elezioni, per cambiare la storia di questo paese. Il tempo delle scuse è finito. Basta dire “tanto è inutile”. Basta lamentarsi sui social dal divano di casa senza muovere un dito. Basta lasciare che siano sempre gli stessi a decidere per tutti. Basta con il qualunquismo che maschera la pigrizia.

Guardia merita di meglio. Merita una politica che torni a essere nobile, nel senso più alto del termine. Merita rappresentanti che si vergognino di tradire la fiducia ricevuta. Merita un futuro che non sia la fotocopia sbiadita del passato. E questo futuro non arriverà per magia, né per gentile concessione dei potenti di turno. Arriverà solo se qualcuno avrà il coraggio di costruirlo, mattone dopo mattone, partendo da zero, senza scorciatoie né compromessi.

Cari guardiesi, il momento è adesso. Fatelo per Guardia. La squadra che potrà diventare una vera terza lista – la prima vera lista, in realtà – deve nascere oggi. Non domani, non tra qualche mese quando sarà troppo tardi. Oggi. Da che parte volete stare? Ancora sul divano a guardare il teatrino, o finalmente in campo a giocare una partita nuova? La scelta, per una volta, è davvero vostra.

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