Avviso ai lettori fuori sede: se siete nati a Guardia Sanframondi e vi siete trasferiti altrove, c’è una cosa che vi manca. No, non il profumo della vendemmia. No, neanche le chiacchiere del bar. Parliamo della nostra acqua. Quella vera. Quella che non si beve: si mastica. Sì, perché qui da noi l’acqua potabile è talmente potabile che si potrebbe usare per fare calcestruzzo armato. Con un residuo fisso da record e una durezza tale che se la metti in lavatrice ti lava anche le illusioni. Ma non preoccupatevi: è tutto entro i limiti di legge. Peccato che la lavatrice non abbia ancora letto il decreto ministeriale.
Osmosi inversa: il grande mistero guardiese. Denunciava nel 2015 l’allora sindaco, riferendosi alla stazione di sollevamento di Solopaca, da cui l’acquedotto di integrazione alimenta Guardia, sostenendo che da quel momento la durezza dell’acqua era aumentata drasticamente. Tanto per capirci: esiste un impianto a Solopaca, progettato per “addolcire” l’acqua che arriva fino a Guardia. Un’opera d’ingegno umano che però funziona solo nei documenti ufficiali. Dal 2015 è in pausa meditativa. Una specie di monumento all’intenzione. Come dire: “ci abbiamo pensato, eh”. E mentre l’impianto riposa, i cittadini grattano il calcare dai rubinetti con lo scalpello e cambiano caldaie più spesso di quanto cambino sindaci.
Il servizio idrico è affidato (ancora) all’Alto Calore, che in effetti ha un nome onesto: “alto calore” è proprio quello che si prova quando ti arriva la bolletta e scopri che paghi per un’acqua che ti distrugge l’impianto idraulico: ma almeno ti tempra il carattere.
Ci sono piani, strategie, programmazioni dal 2024 al 2032, dice l’azienda irpina. Il che è confortante. Perché se c’è una cosa che da noi non manca, è l’acqua del futuro. Quella del presente, purtroppo, esce quando le condutture decidono di collaborare, con un getto che definire “a filo” è un eufemismo.
Gli amministratori locali (sindaci, assessori e presunti tali) fanno la loro parte: post, comunicati alla stampa, lettere indignate. Qualcuno ha persino sfiorato la minaccia di azioni legali. Poi, passato il momento di visibilità, si torna alla calma. In fondo, come recita il detto sannita: “Chi dura, vince”. E l’acqua dura, quindi stiamo a cavallo.
E i cittadini? Possono sempre comprare un addolcitore! Sì, perché nel frattempo, la soluzione è una sola: comprare un impianto privato per rendere utilizzabile l’acqua pubblica. È un po’ come se il Comune ti regalasse un biglietto dell’autobus, ma per salire a bordo ti servisse una navetta tua personale. E comunque l’acqua resta legalmente potabile. Non importa se rovina i tubi e lascia i piatti più macchiati di prima: lo dice la legge, quindi zitti.
E le responsabilità? Ci sono, certo. Sparse, diluite, prescritte. Ogni tanto parte un’indagine. Ogni tanto si fa sentire la Corte dei Conti. Ogni tanto finisce in nulla. Ogni tanto cambia il direttore. Ogni tanto cambia anche il nome della società di gestione e il consiglio di amministrazione. Ma in fondo, come biasimarli? La colpa non è mai chiara: un po’ come l’acqua quando esce torbida.
Conclusione: acqua santa, politica tiepida. In attesa del miracolo – magari un nuovo bando europeo che piove dal cielo – a Guardia continuiamo a vivere in questa splendida contraddizione: l’acqua non manca, ma nemmeno arriva. E se arriva ti rompe la caldaia, è potabile ma inutilizzabile, è pubblica ma ti costa anche in privato. E allora sì, beviamoci su. Magari un bel bicchiere di vino, ché almeno quello non necessita di addolcitore, lo filtriamo noi.