Ci sono orologi rotti che, almeno due volte al giorno, segnano l’ora giusta. Poi c’è la politica a Guardia Sanframondi, che da trent’anni segna sempre l’ora sbagliata. Ma con un’ostinazione quasi commovente. Qui il tempo non scorre: gira in tondo, come una giostra che nessuno riesce (o vuole) fermare. Cambiano i loghi elettorali, cambiano gli slogan – di solito copiati male da qualche partito nazionale – ma loro, no. Loro sono sempre lì: i Panza, Di Lonardo, Orso, Falato, Pigna, ecc. Veri monumenti alla resilienza politica. O, se preferite, reperti archeologici del potere, sempre lucidi, mai superati.

Se la democrazia è partecipazione, qui è collezione: di incarichi, di favori, di selfie istituzionali. Una fiera del déjà-vu, dove tutto è già stato detto, fatto, promesso. Posso capire i parenti, gli amici, i beneficiati vari. Quello che non capisco è come si possa continuare a dare consenso a chi ha dimostrato – oltre ogni ragionevole dubbio – di non avere alcun reale interesse per la propria comunità. Si presentano alle elezioni con la stessa faccia di quando c’era ancora la lira, ma con una nuova lista civica. Che poi è sempre la stessa, solo con un nome più accattivante, tipo: “Guardia che Rinasce”, “Guardia nel Cuore”, “Guardia Cambia” (no, non cambia).

E allora ci chiediamo: cosa proporranno di nuovo alle prossime elezioni? Un’altra promessa sul turismo? Magari questa volta tireranno fuori il “turismo spaziale”, con razzi da lanciare da piazza Castello (finanziati, ovviamente, da fondi europei). Oppure l’ennesimo “piano per valorizzare il centro storico”, che ormai è stato valorizzato così tante volte da sembrare una moneta rara: tutti ne parlano, nessuno la trova.

C’è da dire che a Guardia l’arte del riciclo ha raggiunto livelli da Premio Nobel: vecchie idee, vecchie alleanze, vecchi nemici diventati amici per convenienza. I soliti noti si ripresentano con lo stesso entusiasmo con cui un venditore ambulante cerca di rifilarti un ombrello bucato sotto la pioggia: “Funziona benissimo, è solo un po’ vintage!”

E la comunità? Zitta. O peggio: grata. Perché in fondo qualcuno ti ha fatto un favore dieci anni fa, ti ha trovato un lavoro precario, ti ha sistemato una carta, ti ha fatto passare una pratica. E allora si vota non per convinzione, ma per riconoscenza. Un sentimento nobile, per carità, peccato che applicato alla politica si trasformi in una catena. Di Sant’Antonio (che quest’anno non ci sarà).

Il vero dramma, però, è che nessuno si scandalizza più. Il clientelismo è diventato folklore locale, il nepotismo è una tradizione, come la festa dell’Assunta. E guai a mettere in discussione il “sistema”, perché il sistema è come la famiglia: non si tocca, anche se ti rovina la vita. La vera opposizione qui non è politica. È l’indifferenza. La rassegnazione. È il dire: “Tanto sono tutti uguali”, mentre si mette la croce sul solito nome. Quello che ti fa sentire al sicuro. Sicuro di non cambiare mai.

E così, a ogni tornata elettorale, ci ritroviamo allo stesso spettacolo: stessi attori, stesso copione, stesso pubblico. Solo che ogni volta la platea è un po’ più vuota, e il sipario un po’ più logoro. Forse un giorno, a Guardia, qualcuno dirà: “Basta, usciamo da questa commedia.” Ma non oggi. Oggi ci si prepara all’ennesima campagna elettorale, con i soliti noti che si autoconvincono di avere ancora qualcosa da dire. E magari qualcuno ci crede pure. Perché, si sa, la speranza è l’ultima a morire.

A Guardia Sanframondi, invece, ha solo cambiato residenza.