Settembre, tempo di zaini nuovi — e benedetti —, grembiulini stirati e selfie davanti alla porta di casa con la lavagnetta “Primo giorno di scuola”. Ma non a Guardia Sanframondi, dove l’anno scolastico non inizia: si sopravvive. Anche quest’anno, mentre in tutta Italia si taglia il nastro di un nuovo percorso educativo, qui si tagliano… i servizi. E la pazienza dei cittadini.
In una cornice che definire angosciante è un eufemismo, si apre — si fa per dire — l’ennesimo anno scolastico all’insegna della chiusura, dell’accorpamento forzato, dell’abbandono e della rassegnazione. Cominciando dal liceo scientifico. Un tempo fiore all’occhiello del territorio, ora condannato alla chiusura. Ma attenzione: non è chiuso ufficialmente, è solo… in coma farmacologico. La chiusura, decisa e poi rimandata di un anno (giusto per non sembrare troppo brutali), è una promessa non mantenuta. Ma non nel senso buono. È un limbo dove insegnanti e studenti si chiedono quotidianamente se valga davvero la pena alzarsi dal letto.
E non va meglio per gli altri gradi scolastici. La scuola primaria “De Blasio”, per esempio, è stata accorpata a un’altra istituzione del territorio. Una decisione nazionale definita “strategica”, “razionale” e “necessaria” — insomma, la solita sfilata di aggettivi vuoti dietro cui si nasconde la solita, vecchia realtà: tagli. Tagli alle risorse, tagli al personale, tagli alla dignità. L’accorpamento della De Blasio non è solo una questione burocratica, ma didattica. Perché quando due istituti si uniscono “per esigenze organizzative”, ciò che si disperde non sono solo i codici meccanografici, ma anche l’identità educativa, la continuità didattica, la possibilità di progettare in modo coerente. E poi ci sono i finanziamenti, che con l’accorpamento si sfoltiscono come le chiome a ottobre. Meno fondi, meno autonomia, meno progetti. Ma più moduli da compilare, eh, quelli non mancano mai. Il risultato? Un’unica dirigenza per più plessi, con personale costretto a fare i salti mortali per coprire tutto, a scapito della qualità dell’insegnamento e della serenità di chi lavora. Ma tranquilli, è tutto “ottimizzato”.
E la politica locale? Qualcuno li ha visti? Qualcuno ha visto l’assessore delegato? Il sindaco? Si sono persi per strada tra un convegno e l’altro? Forse sono impegnati a postare selfie dal palco della “sagra” del vino. Intanto, la scuola muore in silenzio. Nessun piano di rilancio, nessuna visione, nessuna presa di posizione. Solo silenzio, rotto ogni tanto da qualche comunicato copia-incolla che sembra scritto col generatore automatico di frasi fatte.
E in tutto questo, come biasimare i genitori che scelgono di iscrivere i propri figli altrove? È diventata quasi una moda. Anzi, una necessità. In un contesto dove i servizi di supporto latitano, chi può scappa. E chi non può… si arrangia. Perché a Guardia l’arrangiarsi è l’unica materia che si studia sul serio. E senza debiti formativi.
La scuola, come altri servizi essenziali in paese, sta diventando un ricordo. Come il bus che passa quando vuole. La scuola pubblica a Guardia non è più un diritto. È una concessione. Temporanea, precaria, e sempre più fragile. E se l’anno scolastico rischia di non aprirsi più: si sopporta. Tra edifici inadatti, classi svuotate, disinteresse istituzionale e genitori disillusi, la scuola rischia di diventare l’ennesimo servizio da archiviare. E se nessuno alza la voce — davvero, concretamente — sarà solo l’ultimo tassello nella lenta eutanasia di un paese che si svuota. Non solo di giovani, ma anche di speranza. Ma tranquilli, c’è sempre la “sagra” per dimenticare.