“Esistono ricette credibili per promuovere Guardia Sanframondi in ambito turistico?”. Una domanda che, più che interrogare, inquieta. Perché sottintende che finora quelle tentate – ammesso che ce ne siano state di reali – non abbiano funzionato. E che il tempo, intanto, continui la sua opera di erosione: lo spopolamento, che da decenni svuota le case e le piazze, non si ferma. Anzi, accelera. Ma se è vero che Guardia non può più permettersi di aspettare, è altrettanto vero che non può permettersi di continuare a percorrere strade già battute e fallimentari.
Non bastano più i soliti slogan sul “ritorno dei figli degli immigrati” o sull’“associazionismo” come panacee. Non è sufficiente restaurare qualche stanza del centro storico, né limitarsi a pubblicizzare, fino allo sfinimento, i Riti Settennali, che per molti – giustamente – devono restare patrimonio intimo, collettivo e non spettacolarizzato. Allora: qual è la strada?
Guardia ha un’arma potentissima che altri paesi non hanno: l’aura dell’eccezionalità. È un luogo che ha una storia, un “nome (e pure un cognome)” – e un alone – che richiama qualcosa di remoto, rituale, profondo. Ma questa forza simbolica va trasformata in proposta culturale nuova, selettiva, di livello. Non turismo di massa, ma turismo di “senso”.
Una delle idee più credibili – e mai davvero tentate – potrebbe essere la creazione di un evento annuale “altro”, un festival concettuale e coinvolgente (tipo lo “Sponz fest” di Calitri o “La luna e i calanchi”, evento culturale legato al territorio lucano di Aliano dove Franco Arminio opera come poeta e paesologo), radicato nella spiritualità e nel mistero che Guardia già emana. Non un duplicato dei Riti, o degli eventi sopra citati – sia chiaro -, né un evento “commerciale”, ma qualcosa che richiami per affinità: ad esempio, un Festival del Rituale, dove i tanti artisti già presenti a Guardia, performer, pensatori e ospiti vari portano esperienze che ruotano intorno al corpo, alla penitenza, al sacro, ai suoni e alla sospensione. Un evento intimo, da fine estate, magari notturno, da vivere solo all’interno del centro storico.
Strutturare un evento come il “Festival del Rituale” significa lavorare su più livelli: concettuale, logistico, artistico, fideistico, simbolico e infrastrutturale. Significa creare un evento annuale – ma che, avvalendosi di eventi collaterali, duri tutto l’anno – che valorizzi Guardia senza svenderne la spiritualità profonda; attragga un pubblico selezionato (non di massa); porti turismo culturale e consapevole; generi impatto economico ma anche identitario; promuova l’immagine del paese in ambito nazionale e internazionale. Ispirato al concetto di rito contemporaneo. Non spettacolo, ma esperienza trasformativa, immersione nella fede non soltanto religiosa, nel gesto, nella lentezza e nel simbolico. Una riscoperta della memoria collettiva. Attraverso rituali artistici itineranti (site-specific). Performance teatrali e coreografiche, ispirate a rituali arcaici. Da svolgere nei luoghi e nei vicoli del centro storico, nelle piazzette dismesse, palazzi in disuso, o cantine. Spazi interattivi dove il visitatore è parte attiva. Percorsi guidati attraverso il paese. Dialoghi al tramonto. Conversazioni pubbliche su temi come: la fede, il tempo, il sacro, l’identità. Ospiti, filosofi, antropologi, studiosi, artisti… Workshop e laboratori esperienziali. Cinema e documentari rituali. Proiezioni notturne all’aperto su ritualità nel mondo. Dibattiti con autori, registi, antropologi, religiosi.
Bello, no? Per organizzare tutto ciò il limite è noto: assenza di strutture ricettive a Guardia e la mancanza di fondi. Quindi? Soluzioni parallele da attivare. Sistema di ospitalità diffusa temporanea: case sfitte, B&B, camere in affitto coordinate da un hub centrale del festival. Accordi con strutture vicine (Telese, Benevento, ecc…). Ospitalità presso famiglie locali: esperimento sociale e culturale (come ad esempio “Couchsurfing rurale”). Collaborazione con le istituzioni locali (per finanziamenti, logistica, permessi, bandi). La ricerca di sponsor culturali (Fondazioni bancarie, Regione, ecc…). La creazione di una associazione culturale locale per la gestione operativa, volontari.
In conclusione: il Festival del Rituale non è una “sagra in costume”. È una delle tante proposte visionarie, ma realizzabili, che parte dall’identità profonda del paese e la trasforma in un evento unico, identitario e sostenibile. Sfrutta l’unicità esistente: invece di inventare qualcosa di artificiale, valorizza l’aura di spiritualità e mistero che già caratterizza Guardia. Può essere la scintilla che accende un nuovo modo di pensare Guardia: non più come borgo che guarda indietro, ma come laboratorio spirituale e culturale contemporaneo.
I modelli di piccoli paesi che ce l’hanno fatta sono tanti. Non mancano esempi italiani. Prendiamo Castel del Giudice (IS), paese molisano con meno di 400 abitanti: lì, l’amministrazione ha creato una cooperativa mista pubblico-privato per ristrutturare un vecchio albergo trasformandolo in un albergo diffuso. O ancora Civita di Bagnoregio, che ha imposto un ticket d’ingresso e reinvestito tutto nella manutenzione e in eventi di qualità. Entrambi hanno puntato su un’idea guida, non su mille microiniziative. Anche Gagliano Aterno in Abruzzo ha avviato un modello di adozione di case abbandonate da parte di artisti, dando vita a un laboratorio culturale diffuso.
Ma dove mettiamo i turisti? Come si diceva, una delle obiezioni più concrete riguarda la totale mancanza di strutture ricettive. Giusto. Ma è una questione di priorità politica e visione. Esiste già una soluzione ampiamente sperimentata in altri borghi e che a Guardia giace in qualche cassetto comunale: la creazione di un albergo diffuso. Si tratta di un modello in cui le case vuote del centro storico vengono messe a sistema, ristrutturate (magari con investimenti pubblico-privati) e gestite come camere di un unico hotel, con servizi centralizzati. Chi può e deve farlo partire? Il Comune. È l’amministrazione comunale a dover coordinare, creare il progetto, candidarlo a finanziamenti, e fare da regia. L’inerzia politica, la mancanza di progettualità, è oggi il principale limite. Non la mancanza di idee.
Tutto facile, quindi? Certamente, no. Per far questo serve una “chiamata” generazionale. Guardia non può più aspettare che “passi qualcuno”. Deve diventare una meta scelta. La parola chiave non è “turismo”, ma esperienza di vita. Quella che può cambiare la percezione di un luogo: e forse il suo destino. Il tempo dell’attesa è finito. Guardia Sanframondi ha un dono raro: è già leggenda, già “luogo dell’anima”. Ma la leggenda, se non viene abitata, resta favola. Serve un progetto che non cerchi di rincorrere il passato, ma che abbia il coraggio di proiettarlo in un futuro credibile, intelligente, sostenibile. È una sfida da vincere non con le solite “ricette”, ma con il coraggio di osare. E il primo ingrediente di questa ricetta è la volontà politica. Che finora è sembrata latitare.