Il sindaco di Guardia Sanframondi celebra una vittoria. Ha salvato la quinta classe del liceo scientifico, strappando all’Ufficio Scolastico Provinciale l’autorizzazione per il completamento del ciclo di studi. È soddisfatto, orgoglioso del “lavoro congiunto delle istituzioni”. Ma quella che viene presentata come un successo è, in realtà, l’ennesima toppa su un sistema che fa acqua da tutte le parti. Una vittoria di Pirro che nasconde l’incapacità strutturale della classe politica di affrontare il nodo centrale dello spopolamento: senza scuola, non c’è futuro per le comunità.

Non servono sociologi per capire che quando chiude una scuola, muore un paese. La scuola non è solo un edificio dove si fa didattica: è il luogo dove si forma il capitale umano, dove nascono le relazioni sociali, dove si costruisce l’identità di una comunità. È il presidio che trattiene le famiglie giovani, l’ancora che impedisce la deriva demografica, il simbolo concreto che un territorio ha ancora un progetto per il domani.

Eppure, in Italia oltre il 20% degli studenti frequenta “piccole scuole” sottodimensionate, spesso a rischio chiusura. La recente norma sul dimensionamento scolastico del 2023, che prevede la soppressione di 600 autonomie nei prossimi anni, rappresenta l’ennesima mannaia calata su territori già fragili. Il Sud, come sempre, pagherà il prezzo più alto di questa logica ragionieristica che antepone il risparmio di bilancio alla coesione sociale.

Dietro ogni chiusura scolastica c’è la responsabilità di una politica che ha scelto di gestire l’esistente piuttosto che progettare il futuro. Che ha preferito la logica dei tagli lineari a quella degli investimenti mirati. Che ha sacrificato la giustizia territoriale sull’altare dell’efficienza amministrativa, dimenticando che non possono esistere cittadini di serie A nelle città e cittadini di serie B nei borghi. La retorica della “restanza” e della valorizzazione dei borghi riempie convegni e programmi elettorali, ma resta lettera morta quando si tratta di mettere mano al portafoglio. Come possono i giovani “restare” in luoghi dove mancano i servizi essenziali? Come possono le famiglie scegliere di vivere in un territorio che non offre nemmeno una scuola superiore per i propri figli? Servono politiche che vadano oltre il dimensionamento ragionieristico: deroghe per le aree montane e isolate, investimenti in innovazione didattica, forme di premialità per gli istituti che sperimentano modelli educativi innovativi nei piccoli centri.

Ciò detto, il caso di Guardia è paradigmatico di una classe politica che si accontenta di soluzioni tampone, incapace di visione strategica. Salvare una quinta classe è doveroso per garantire la continuità didattica agli studenti coinvolti, ma cosa accadrà l’anno prossimo? E quello dopo ancora? Se non arrivano nuovi iscritti, se non si creano le condizioni per attrarre famiglie, se non si investe in servizi e opportunità, questa “vittoria” si rivelerà per quello che è: un palliativo che procrastina l’inevitabile. Il problema non si risolve scrivendo lettere al ministero, con gli appelli accorati ai dirigenti scolastici o con le dichiarazioni di soddisfazione sui giornali locali. Si risolve con politiche strutturali che rendano i piccoli centri come Guardia attrattivi per le famiglie giovani e meno giovani. Si risolve investendo nella scuola non solo come costo da contenere, ma come volano di sviluppo territoriale. La scuola deve tornare al centro dell’agenda politica di Guardia non come problema da risolvere in extremis, ma come leva strategica per il rilancio del territorio. Servono sindaci e amministratori che non si accontentino di salvare una classe, ma che costruiscano progetti di lungo periodo per rendere Guardia attrattiva. Serve un Comune che investa davvero sulla comunità che amministra, non solo con finanziamenti spot, ma con piani organici che includano scuola, sanità territoriale, trasporti e sviluppo economico. Serve, soprattutto, la consapevolezza che ogni volta che chiude la classe di una scuola, Guardia perde un pezzo di sé. E che nessuna vittoria di Pirro potrà mai compensare questa perdita, se non avrà il coraggio di cambiare rotta.

La vera vittoria sarà quando, tra dieci anni, il sindaco di Guardia potrà annunciare non il salvataggio di una classe, ma l’apertura di una nuova sezione per far fronte all’aumento delle iscrizioni. Fino ad allora, ogni celebrazione suonerà come il canto del cigno di una comunità che si spegne.