Trentadue anni di storia. Trentadue anni che dovrebbero raccontare l’evoluzione virtuosa di una manifestazione nata per celebrare l’eccellenza enologica e gastronomica di Guardia Sanframondi. E invece raccontano la parabola di un tradimento: quello di una comunità che ha svenduto la propria identità sull’altare del business facile e del chiasso senza qualità.

Oggi le cronache locali celebrano le “presenze record” di quest’anno come se fossero medaglie d’onore. Ma nessuno osa raccontare la verità che si cela dietro questi numeri: Vinalia è diventata una macchina mangiasoldi che per sette giorni trasforma il gioiello del centro storico di Guardia Sanframondi in un teatro dell’assurdo, dove l’unica eccellenza che resta è quella del caos organizzato.

Non si tratta più di promuovere il patrimonio enologico del territorio, come era nelle intenzioni originarie. Si tratta di un’operazione commerciale che ha perso ogni legame con l’autenticità, diventando un contenitore vuoto riempito da chiunque abbia voglia di speculare su sette giorni di anarchia autorizzata.

Parlate con i residenti di Guardia Sanframondi – quelli veri, non i portavoce interessati – e scoprirete una realtà ben diversa da quella dipinta dai comunicati stampa di giornalisti improvvisati. Per una settimana intera, un’intera comunità viene ostaggio di un evento che ha tradito la propria mission. Le stradine medievali del centro storico, che dovrebbero essere valorizzate e protette, diventano teatro di comportamenti incivili, schiamazzi notturni e, nei casi peggiori, di veri e propri regolamenti di conti tra bande di ragazzini ubriachi che trovano in Vinalia il pretesto perfetto per i loro eccessi.

I parcheggi selvaggi trasformano ogni angolo di Guardia in una discarica di lamiere. L’afflusso incontrollato di migliaia di persone supera ogni logica di sostenibilità per un borgo che conta meno di 5.000 abitanti. Il disturbo della quiete pubblica fino all’alba diventa la norma, non l’eccezione. E tutto questo per cosa? Per una settimana di “oblìo devastante” – come giustamente definito nel testo di una testata locale – che non lascia altro che macerie sociali e ambientali.

Ma la responsabilità più grave è quella di chi dovrebbe vigilare sull’uso delle risorse pubbliche. Vinalia drena ogni anno consistenti contributi che dovrebbero servire a promuovere la vera cultura del territorio. Invece finanziano una kermesse dove la connivenza tra l’amministrazione priva di competenze specifiche e la “cantina” ha creato un sistema autoreferenziale che vive di rendita sulla buona fede del pubblico e sulla complicità delle istituzioni.

Il risultato è un paradosso grottesco: i cittadini pagano le tasse per finanziare un evento che li priva della tranquillità per una settimana intera, senza ricevere in cambio alcun beneficio duraturo per il territorio. Anzi, spesso dovendo fare i conti con i danni collaterali di una manifestazione fuori controllo.

Checché ne dicano gli organizzatori e l’amministrazione la confusione tra cultura vera e intrattenimento di massa è il cuore del problema. La cultura è “attività continua e necessaria, crescita delle persone, esercizi di bellezza e consapevolezza”, come ricordava il testo di partenza. Vinalia, nella sua forma attuale, è l’esatto opposto: un concentrato di eventi spot e una programmazione che sembra pensata più per riempire le serate che per elevare il livello culturale di Guardia. È questa la “Spes contra spem” per il territorio guardiese? Dove sono i progetti di valorizzazione autentica del patrimonio enologico locale? Dove sono gli “spazi di condivisione critica” e le attività di “supporto continuo al territorio”? Sulla piazza d’armi del castello? Tutto è stato sacrificato sull’altare dell’audience facile e del ritorno economico immediato.

Rilanciare davvero Guardia Sanframondi significa avere il coraggio di ripensare completamente Vinalia. Significa affidare la cultura a chi possiede “titoli e competenze”, non a chi cerca semplicemente “un posto al sole nel proprio piccolo contesto senza meriti”. Significa restituire dignità a una manifestazione che potrebbe davvero essere eccellenza, se solo si avesse la volontà politica di liberarla dalla morsa degli interessi di bottega.

La cultura richiede dedizione, impegno, e soprattutto “bisogna crederci”. Ma crederci davvero, non limitarsi a sfruttare l’etichetta “culturale” della speranza per giustificare sette giorni di business mascherato da tradizione.

Fino a quando Guardia Sanframondi sarà disposta a pagare questo prezzo per una manifestazione che ha tradito le proprie origini? Fino a quando i cittadini dovranno subire in silenzio la trasformazione del loro borgo in un luna park a cielo aperto? È tempo che qualcuno abbia il coraggio di dire basta. Il territorio merita di meglio. La vera cultura merita di meglio. E i cittadini, sicuramente, meritano di meglio.