In questi giorni sui social network locali circola con crescente entusiasmo una proposta “rivoluzionaria” per il rilancio turistico di Guardia Sanframondi: l’albergo diffuso. Un’idea presentata come innovativa soluzione per valorizzare il nostro centro storico e contrastare lo spopolamento che affligge le aree interne. Lodevole iniziativa, se non fosse che a Guardia Sanframondi l’albergo diffuso non è una novità del 2025, bensì una realtà progettuale del luglio 2001.
Già, perché mentre oggi si discute animatamente sui social di questa “moderna” formula ricettiva, negli archivi comunali – presumibilmente in qualche cassetto – giace da ventiquattro anni il progetto presentato dall’allora sindaco Ceniccola. Un progetto che non solo anticipava i tempi, ma che aveva già individuato e censito quaranta posti letto nel sistema di ospitalità diffusa del centro storico, valorizzando proprio quelle case del borgo medievale che oggi vengono “riscoperte” come risorsa turistica.
L’ironia della storia vuole che Guardia Sanframondi sia stata tra i primi comuni italiani a intuire le potenzialità dell’albergo diffuso, quando ancora il termine era pressoché sconosciuto nel panorama turistico nazionale. Un primato di visione e progettualità – oggi ripreso da molti borghi d’Italia – che, evidentemente, la memoria collettiva guardiese ha deciso di archiviare insieme ai documenti ufficiali.
Non si tratta di una semplice coincidenza o di una banale ripetizione di idee. Il progetto del 2001 prevedeva già quella “gestione coordinata” dell’ospitalità diffusa che oggi viene presentata come elemento distintivo della proposta, unitamente alla creazione di “musei diffusi” per valorizzare il patrimonio culturale locale. Insomma, tutto quello di cui si parla oggi, ma con venticinque anni di anticipo.
La domanda allora è: cosa è accaduto in questo quarto di secolo? Come è possibile che le amministrazioni comunali che si sono succedute “dimentichino” un progetto di tale portata, lasciandolo languire fino al punto da doverlo “reinventare” nel 2025? La risposta, purtroppo, è nella rassegnazione che troppo spesso caratterizza la nostra comunità, quella stessa rassegnazione che paralizza ogni slancio progettuale e trasforma le opportunità in occasioni mancate.
Mentre altri territori delle aree interne hanno saputo invertire la rotta dello spopolamento, investendo proprio su turismo e cultura, Guardia ha preferito l’oblio progettuale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: oggi si celebra come innovazione quello che avrebbe dovuto essere realtà consolidata da due decenni.
Questo non significa scoraggiare le attuali iniziative – anzi, ogni sforzo per rivitalizzare il territorio va sostenuto – ma piuttosto invitare a una maggiore consapevolezza storica e progettuale. Prima di proclamare rivoluzioni turistiche sui social, sarebbe opportuno consultare gli archivi comunali. Si potrebbe scoprire che l’innovazione, a Guardia, ha spesso vent’anni di anticipo sui tempi. Il problema è ricordarsene.
Come suggeriva qualcuno con sagace ironia: invece di ripartire sempre da zero, a Guardia potremmo provare a ricominciare almeno da tre. Gli abitanti di Guardia Sanframondi, e soprattutto i suoi amministratori, meritano di conoscere la propria storia progettuale. Anche quella finita prematuramente in un cassetto.