Rileggendo oggi le parole pronunciate dall’ex sindaco Amedeo Ceniccola durante quella storica seduta consiliare del 20 luglio del 2000, emerge con cristallina chiarezza un quadro che dovrebbe far riflettere ogni cittadino onesto.

Quando Ceniccola si insediò il 23 giugno 1999, trovò una situazione amministrativa disastrosa: casse comunali “desertificate”, debiti verso ogni categoria di fornitori, dal benzinaio al tipografo, un municipio ridotto a “immondezzaio” e un paese in totale abbandono. Ma ciò che più colpisce, rileggendo quelle parole dopo 25 anni, è l’amara ironia della storia che ne è seguita. Quegli stessi personaggi che avevano lasciato il comune in condizioni vergognose, quegli stessi che guardavano “divertiti e ironici” i giovani impegnati nella prima Giornata Ecologica organizzata da Ceniccola, quegli stessi che accusavano il sindaco di ogni nefandezza, sono riusciti nel loro intento: far cadere l’amministrazione Ceniccola e tornare al potere. E da allora? Venticinque anni di sostanziale immobilismo. Un quarto di secolo in cui gli stessi si sono alternati alla guida della comunità, praticamente indisturbati, senza mai dover rendere conto del disastro amministrativo che avevano creato e che Ceniccola aveva ereditato.

Il paradosso più amaro è che gran parte – se non la quasi totalità – delle opere pubbliche realizzate negli anni successivi alla caduta dell’amministrazione Ceniccola sono state possibili proprio grazie ai progetti e ai finanziamenti che lui aveva ottenuto durante il suo mandato. Mentre i suoi successori si prendevano i meriti, la vera progettualità e la capacità di intercettare risorse erano state sue.

Come in parte evidenziato nel comunicato di Rinascita Guardiese, Ceniccola aveva dimostrato in poco tempo di saper trasformare un deserto progettuale in opportunità concrete. Chi ha governato dopo di lui cosa ha saputo fare di proprio? Quali progetti innovativi ha saputo elaborare? Quali finanziamenti è riuscito a intercettare con la propria capacità progettuale? La risposta è sotto gli occhi di tutti: un sostanziale immobilismo, mascherato dalla realizzazione di opere già progettate e fatte finanziare dall’amministrazione che avevano contribuito a far cadere.

È questa la “buona amministrazione” di chi si ergeva “a censore” e voleva “dare lezioni di buon governo”? È questo il risultato di 25 anni di gestione da parte di chi aveva lasciato le casse vuote e il paese abbandonato? La vicenda Ceniccola dovrebbe essere una lezione per tutti noi guardiesi. Ci insegna – qualora ce ne fosse ancora bisogno – che a Guardia talvolta la vera competenza amministrativa viene punita dalla politica di palazzo, che i veri innovatori vengono ostacolati da chi preferisce la gestione del potere alla gestione del bene comune, che spesso chi critica di più è proprio chi ha meno titoli per farlo.

Amedeo Ceniccola merita giustizia storica. Non solo per quello che riuscì a fare in poco tempo partendo da una situazione disastrosa, ma soprattutto per aver dimostrato una visione e una capacità progettuale che i suoi successori, in 25 anni, non sono mai riusciti a eguagliare. È tempo che la comunità riconosca chi ha davvero lavorato per il bene comune e chi, invece, ha semplicemente saputo manovrare per mantenere posizioni di potere, vivendo di rendita su progetti altrui.

P.S. La storia, prima o poi, rende giustizia a tutti. E la storia di Amedeo Ceniccola merita di essere raccontata nella sua interezza, senza le distorsioni di chi ha interesse a nascondere la verità.