Nel sonnolento teatro della politica guardiese, dove l’ambizione è vista con sospetto e la mediocrità viene applaudita purché inoffensiva, sta accadendo qualcosa di intollerabile. Pare – tenetevi forte – che Amedeo Ceniccola voglia ricandidarsi alle prossime elezioni amministrative. Sì, proprio così: non partecipare per sport, non fare testimonianza civile, ma candidarsi alla carica di sindaco, e vincere. E – udite udite – amministrare Guardia Sanframondi.

Ma andiamo con ordine, perché la gravità della situazione emerge solo quando si analizza il curriculum di questo pericoloso sovversivo. Ceniccola – che la cronaca locale ricorda con un misto di terrore e ammirazione – ha alle spalle una carriera politica così sospettosamente coerente da risultare quasi offensiva per gli standard locali.

Durante il suo mandato da sindaco – che la storia locale ricorda come “gli anni bui della competenza” – Ceniccola aveva commesso l’imperdonabile errore di amministrare davvero. Fonti dell’epoca riferiscono che l’uomo arrivava in ufficio la mattina presto, leggeva le pratiche prima di firmarle e – dettaglio che ancora oggi fa rabbrividire i benpensanti – convocava riunioni in cui si discuteva di questioni concrete con tempi e budget definiti.

Un testimone oculare di quegli anni, che ha chiesto l’anonimato per ovvi motivi di sicurezza, racconta: “Era terribile. Aveva sempre una risposta pronta, leggeva il giornale mentre era alla guida dell’auto, sapeva dove si trovavano i documenti, conosceva i nomi dei funzionari. Una volta lo vidi persino camminare per le strade del paese alle sette del mattino, non per andare al bar, ma per controllare di persona lo stato delle buche. Un comportamento da stalker istituzionale.”

La notizia della sua possibile ricandidatura, che per qualcuno ha la forza di una rivelazione apocalittica, è emersa in un contesto degno di un romanzo di Camilleri: un matrimonio in una location del casertano, tra mozzarelle di bufala e cinquantenni mesciati. Lì, un invitato evidentemente illuminato dallo spirito del gossip, ha intercettato “una vocina perfida e lucida” che svelava l’orrore: Ceniccola è ancora vivo, determinato, e per di più politicamente attivo. Dicono che lo abbiano visto aggirarsi con fare sospetto nei pressi del Municipio, forse per studiare i nuovi orari di apertura al pubblico: dettaglio inquietante che tradisce le sue mire sovversive. Peggio ancora: pare che frequenti i bar del paese già alle otto del mattino prima di recarsi allo studio, bevendo caffè come un cittadino qualunque, salutando la gente per nome e – orrore supremo – ascoltando i loro problemi. Un comportamento così anomalo da far dubitare della sua sanità mentale.

Il quadro che ne esce è inquietante: un “camaleonte” che, anziché sparire dignitosamente dopo essere stato fatto fuori un quarto di secolo fa, osa tornare. Una provocazione bella e buona. A suscitare l’allarme è anche la sua insopportabile coerenza nell’incoerenza generale: negli ultimi quindici anni Ceniccola si è alleato con uno, poi con l’altro, poi con nessuno. Come se la politica non fosse fatta di alleanze mutevoli e compromessi. Una vergogna. E dire che c’era chi sperava che, dopo essere stato sbattuto fuori dal Comune, si fosse ritirato a vita privata alla “Casa di Bacco”, magari dedicandosi esclusivamente alla coltivazione dell’arte locale. Invece no: eccolo lì, ancora al lavoro testardamente convinto che la democrazia funzioni attraverso il confronto e la competizione elettorale. Fonti vicine ai suoi avversari storici riferiscono – con il tono di chi confessa un crimine – che l’uomo avrebbe addirittura già stilato un programma elettorale scritto. Non a caso, ma nero su bianco, con proposte specifiche, tempi di realizzazione e costi preventivati. Un atteggiamento così antipatico da risultare quasi offensivo verso la consolidata tradizione locale del “si vedrà”, “faremo il possibile” e “dipende dai fondi regionali”. Rumors non confermati parlano di un documento di oltre venti pagine – venti pagine! – in cui questo maniaco della precisione avrebbe elencato priorità, obiettivi e persino un cronoprogramma. Alcuni maligni sussurrano che abbia persino consultato esperti di urbanistica, ingegneri e commercialisti per verificare la fattibilità delle sue proposte. Un eccesso di zelo che, se confermato, rappresenterebbe un precedente devastante per l’ecosistema politico locale.

Nel frattempo, il sindaco Di Lonardo – figura simbolica che incarna perfettamente l’estetica dell’inerzia, e che molti già vedono in movimento per una possibile riconferma – lo ignora con la disinvoltura di chi non vuole sporcarsi le mani con questioni reali. Si dice che, alla sola menzione del nome Ceniccola durante le riunioni di giunta, il primo cittadino si limiti a un sorriso enigmatico e a un cambio di argomento verso temi più rassicuranti, come la manutenzione delle aiuole o l’acquisto di nuove sedie per l’ufficio protocollo.

La municipale e i carabinieri della locale stazione, invece, allertati, non hanno ancora preso provvedimenti contro questo oltraggio all’ordine pubblico: un uomo che vuole amministrare il proprio paese come se fosse normale. Forse stanno ancora consultando il codice penale per vedere se esiste il reato di “eccesso di zelo civico” o “disturbo della quiete politica”.

Le voci di paese – quelle stesse che si tramandano i segreti tra il banco dei salumi e quello della frutta del supermercato – sussurrano particolari ancora più sconcertanti: Ceniccola sarebbe stato avvistato mentre studiava i bilanci comunali – sottratti dalla figlia dagli uffici comunali – degli ultimi cinque anni. Di sera. A casa sua. Con una calcolatrice. Il tutto senza essere pagato da nessuno. Un comportamento così bizzarro da far sospettare una forma di masochismo amministrativo. Ma c’è di più: testimoni oculari giurano di averlo visto consultare gli appunti che con certosina diligenza ha raccolto e catalogato durante tutta la sua lunga carriera politica. Sembra che conservi persino – oltre gli articoli di giornale – le vecchie delibere di giunta dei primi anni ’90, archiviate per categoria e data, come se la memoria istituzionale fosse un patrimonio da preservare anziché un peso da dimenticare.

In un mondo logico, Ceniccola sarebbe semplicemente un politico con ambizione e esperienza. In questa commedia grottesca che è la politica guardiese, qual è la sua colpa? Voler fare politica per amministrare, non per scaldare la sedia o recitare il rosario del “tanto non cambia niente”. Portare con sé il bagaglio sospetto di chi ha già amministrato e sa di cosa parla.

E dire che basterebbe così poco per fermarlo. Ma è inutile: l’uomo sembra immune anche a eventuali cure palliative. Scandaloso. Come se un allenatore volesse vincere lo scudetto sulla base della sua esperienza passata, un attore l’Oscar forte dei suoi precedenti successi, un medico salvare vite utilizzando le competenze acquisite, un giornalista cercare la verità con gli strumenti del mestiere. Inammissibile. Il tempo ancora c’è. Non resta che aspettare che qualcuno lo fermi. O peggio: che lo arrestino per eccesso di serietà in luogo pubblico, con l’aggravante di aver tentato di fare politica davvero, e la recidiva di averlo già fatto in passato con risultati tangibili. E chi propone oggi il nome di Amedeo Ceniccola – riporta sempre la vocina perfida e lucida – non lo fa per nostalgia, ma per fiducia in una capacità ancora attuale di governare con serietà, equilibrio e passione civile.

Nel frattempo, il paese osserva, gli avversari storici trattengono il fiato, perché se dovesse davvero candidarsi o peggio vincere, chi lo spiegherebbe ai loro nipoti che una volta, da queste parti, si poteva anche non fare niente e andare avanti lo stesso? E soprattutto, chi gli spiegherebbe che un tempo bastava promettere, senza la pretesa di mantenere?