Venticinque anni. Un quarto di secolo. Il tempo che serve per far crescere una generazione, lanciare tre olimpiadi, vedere nascere e morire almeno una decina di governi nazionali. E a Guardia Sanframondi? Beh, a Guardia è il tempo che è servito per perfezionare l’arte sublime del non fare nulla. Perché diciamolo chiaramente: se dovessimo assegnare un premio Nobel per la capacità di rimanere immobili mentre il mondo cambia, le amministrazioni che si sono succedute negli ultimi decenni in questo borgo sannita sarebbero candidate d’ufficio.
Una costanza ammirevole, bisogna riconoscerlo. Mentre l’Italia scopriva internet, l’Europa si allargava a est e il mondo si globalizzava, a Guardia si perfezionava l’arte della “paralisi preventiva”. Dove altri comuni hanno sperimentato, innovato, talvolta anche sbagliato, Guardia ha scelto la strada più difficile: non sbagliare mai, semplicemente non facendo mai niente. Una strategia di conservazione così radicale che neanche il WWF avrebbe osato immaginare. Risultato? Un territorio perfettamente conservato… nel 1999.
I giovani se ne vanno? Pazienza, meno traffico nelle strade. E poi, diciamocelo, i giovani sono così… giovani. Sempre con quelle idee strane, quella voglia di fare, quell’energia fastidiosa. Meglio che vadano altrove a sprecare entusiasmo. I fondi europei passano? Tranquilli, la burocrazia è complicata, meglio non rischiare. Potrebbero addirittura chiedere un rendiconto! Il PNRR offre opportunità per l’imprenditoria giovanile? Ma figuriamoci, troppo impegnativo compilare quei moduli. Meglio lasciare che se ne occupino altri comuni, quelli con la malsana abitudine di… lavorare. E qui arriviamo al capolavoro assoluto: un’opposizione così efficace da essere praticamente invisibile. Come il vento estivo che soffia tra i vicoli del centro storico, se ne percepisce appena la presenza. Qualche mugugno ai consigli comunali (quando ci vanno), qualche “io l’avevo detto” sussurrato nei bar tra un Quid e l’altro, ma niente di più. Un’opposizione così rispettosa da non disturbare mai davvero il sonno dell’amministrazione in scadenza di mandato. Praticamente una opposizione con la sindrome di Stoccolma: in questi cinque anni si è così affezionata ai propri avversari che non ha mai avuto il coraggio di contraddirli. Il risultato? Un sistema così perfetto che farebbe invidia ai regimi totalitari. Senza la scomodità di dover convincere nessuno, senza il fastidio di dover spiegare le proprie scelte, senza l’imbarazzo di dover ammettere i propri errori. Un paradiso amministrativo dove le decisioni si prendono in santa pace, magari davanti a un caffè (rigorosamente al bar, che in municipio la macchinetta è rotta dal 2018), senza la seccatura di quel disturbo che gli esperti chiamano “confronto democratico”. Che parolacce!
Ma la Provvidenza, si sa, aiuta chi non sa aiutarsi. Ed ecco che arrivano gli stranieri. Sì, proprio loro, i cittadini che hanno scelto Guardia Sanframondi come nuova patria. Che ironia cosmica: mentre i giovani locali scappano verso Milano, Torino, Londra (o anche solo verso Roma, per dire), gli americani, i canadesi, i messicani… attraversano l’oceano per venire a vivere qui. E non vengono mica a godersi la pensione in santa pace. No, questi arrivano e subito si danno da fare come se fossero sbarcati nel Far West e dovessero costruire una nuova Tombstone da zero. Evidentemente nessuno ha spiegato loro che questo è un “Comune Marginale”: titolo ufficiale, mica una battuta. Forse pensano che sia una denominazione geografica, tipo “Comune Collinare” o “Comune Montano”. Poveri illusi, non sanno che “marginale” in politichese italiano significa “posto dove le cose non funzionano ma almeno abbiamo un bollino che ce lo certifica”. Probabilmente credono che sia roba tipo “Comune Vintage” o “Comune Autentico”. Se solo sapessero che l’autenticità qui consiste nel non aver cambiato nulla dal secolo scorso… Ma il bello è che questi “invasori” a stelle e strisce non si scoraggiano. Anzi, si alleano con i locali più intraprendenti e creano una task force operativa che farebbe invidia a una multinazionale. Mentre l’amministrazione elabora il lutto per la perdita del monopolio dell’inattività, questa alleanza anglo-guardiese sforna progetti come una catena di montaggio impazzita. Corsi di lingua, serate culturali, mercatini, degustazioni, concerti, mostre – tutto rigorosamente autofinanziato e autogestito, perché aspettare i contributi comunali significherebbe celebrare il centenario prima dell’inaugurazione. Ed ecco allora il miracolo della contaminazione: americani, tedeschi, francesi, scozzesi che si uniscono ai locali in un’alleanza internazionale del fare. Mentre il municipio sonnecchia, questa strana banda di visionari si dà da fare come se fosse in corso la ricostruzione post-bellica. Eventi culturali che spuntano come funghi dopo la pioggia, iniziative che nascono alla velocità della luce, progetti che si materializzano nel tempo che l’amministrazione impiega a decidere il colore delle penne per l’ufficio protocollo. È uno spettacolo surreale: da una parte la macchina amministrativa che procede con la velocità di un bradipo in sedazione, dall’altra questa associazione turbo-internazionale che sembra aver bevuto cinque caffè al bar di San Lupo e due Red Bull. Organizzano mostre mentre il sindaco sta ancora decidendo se autorizzare l’affissione dei manifesti. Lanciano censimenti per il centro storico mentre l’assessore competente cerca ancora di capire cosa significhi “censimento”. Creano reti di scambio culturale con i paesi vicini mentre il responsabile dell’ufficio cultura sta ancora imparando ad usare la email. Il contrasto è così stridente da sembrare una commedia: le associazioni che corrono, saltano, inventano, creano, mentre l’amministrazione osserva con l’aria di chi guarda un film d’azione dal divano di casa. “Bello questo film, ma troppo frenetico per i miei gusti.” È un po’ come quando la macchina si ferma e devi spingerla a mano: faticoso, ma almeno si va avanti. Le associazioni spingono con la forza di un team di Formula 1, l’amministrazione sta al box e ogni tanto gracchia alla radio per far capire che c’è.
Venticinque anni di immobilismo non si improvvisano. Ci vuole metodo, dedizione, una strategia ben precisa. Nel frattempo, la banda internazionale dell’associazionismo ha adottato la strategia opposta: fare tutto quello che l’amministrazione non fa, nel tempo che l’amministrazione impiega a non farlo. Risultato? Mentre il Comune medita sull’opportunità di installare una seconda panchina in largo Croce (progetto in studio dal 2019), l’associazione ha già ripitturato 25 panchine, due mostre sul castello e un gemellaggio con una città del Nebraska. La velocità è tale che spesso gli eventi si concludono prima che l’amministrazione si accorga che sono iniziati.
Ma ecco che si avvicinano le elezioni. E qualcuno ha la sfrontatezza di parlare di cambiamento. Di rinnovamento. Di progettualità. Che mancanza di rispetto per una tradizione amministrativa così consolidata! Ci auguriamo che i cittadini di Guardia Sanframondi sappiano apprezzare i frutti di questo lungo lavoro di conservazione. Dopotutto, non è da tutti riuscire a rimanere fermi mentre il mondo corre. È un’arte che si sta perdendo, un patrimonio di inefficienza che merita di essere preservato e possibilmente candidato all’Unesco. Categoria: “Patrimonio Immateriale dell’Immobilità”. O forse, chissà, qualcuno potrebbe anche avere la stravagante idea di voler cambiare davvero. Ma sarebbe un peccato rovinare una tradizione così perfetta. Sarebbe come restaurare la Gioconda con i pennarelli.
Guardia Sanframondi merita di più, dice oggi qualcuno. Ma siamo sicuri? Dopotutto, l’immobilismo è una scelta. E a giudicare dai risultati, è una scelta in cui le amministrazioni degli ultimi venticinque anni sono diventate davvero brave. Forse troppo brave.