Mentre il mondo corre verso il turismo esperienziale, sostenibile e di qualità, c’è un piccolo borgo nel cuore del Sannio che sembra aspettare ancora l’autobus della modernità… senza che nessuno abbia pensato di costruire la fermata. E forse è meglio così: meno turisti, meno problemi, meno lavoro per tutti. Benvenuti a Guardia Sanframondi, la perla medievale che ha tutto. Tranne una strategia. O forse ce l’ha: quella dell’invisibilità perfetta.

Però a dire il vero qualcosa si muove. Le cantine del territorio, a partire dalla più grande e strutturata – che oggi è il vero motore economico e culturale (e non solo) dell’area – stanno già da anni investendo su accoglienza, eventi, qualità. Degustazioni guidate, percorsi enogastronomici, collaborazioni internazionali, accoglienza turistica di livello. Il tutto senza clamore, ma (forse) con visione. Mentre il pubblico guardiese osserva – immobile come una statua medievale – dalla torre del castello e da un centro storico in bilico tra Instagram e incuria. D’altronde, perché disturbarsi? I turisti portano solo confusione, rumore e… soldi. Chi li vuole?

Il borgo fantasma perfetto. La parte antica di Guardia è una miniera d’oro in attesa di essere scavata da più di vent’anni. Oggi alterna scorci mozzafiato perfetti per un set cinematografico a edifici fatiscenti che farebbero invidia a Gaza. In questi anni sono stati stanziati una valanga di fondi per la rigenerazione dei borghi storici, di cui molti riservati ai comuni sotto i 5.000 abitanti. Guardia? Assente persino nei comunicati stampa di qualche onorevole locale. Ma presente, eccome, quando si tratta di lamentarsi dello spopolamento. Un capolavoro di coerenza amministrativa.

Le amministrazioni comunali che si sono succedute nell’ultimo quarto di secolo hanno fatto un lavoro encomiabile: sono riuscite nell’impresa titanica di rendere invisibile uno dei borghi medievali più belli del Sannio. Un talento naturale per l’auto-sabotaggio che meriterebbe un riconoscimento Unesco nella categoria “Patrimonio dell’Immobilismo Mondiale”.

L’eroe solitario? La Falanghina. La Falanghina c’è. Ma da sola non può salvare questo paese, anche se ci prova con ammirevole tenacia. Oggi la Falanghina del Sannio è tra i vini bianchi italiani più esportati al mondo. I dati dicono che negli ultimi anni ha registrato una crescita del +12% nell’export secondo l’Osservatorio del Vino Italiano. E a Guardia si producono alcune delle etichette più premiate. Ma evidentemente le amministrazioni locali hanno pensato: “Bene, il vino va da solo. Noi possiamo continuare a dormire tranquilli.”

Il problema? A parte le iniziative delle cantine private – che lavorano come formiche mentre il comune fa la cicala –, a Guardia non esiste un sistema integrato di promozione territoriale. Ogni realtà va avanti da sola, come se fosse su un’isola. La vendemmia è ancora lontana, ma nelle serate di giugno, per sfuggire al caldo africano che dilaga, gli amanti del buon cibo a contatto con la natura, già si immergono nell’antica tradizione rurale, godendo l’esperienza del relax all’aria aperta, tra i sapori ed i colori della nostra madre terra… Il rischio? Che il visitatore dopo una degustazione da urlo si innamori del vino ma non sappia cos’altro visitare, e tra ruderi e cantieri abbandonati non trovi dove dormire, né un ristorante aperto a pranzo. Ma tranquilli: almeno non disturbano nessuno con le loro richieste assurde di “servizi” e “accoglienza”.

Strutture ricettive, B&B, Agriturismo, albergo diffuso? Sì, ma solo nei convegni e nelle chiacchiere da bar. L’albergo diffuso? È il capolavoro dell’illusione. In tanti ne parlano. Qualcuno ha anche scritto qualche articolo. Qualcun altro ha pure organizzato un convegno sul castello. Ma l’albergo diffuso a Guardia Sanframondi – se non ci sono visitatori durante tutto l’anno –, resta una bellissima slide sui social e un sogno nel cassetto polveroso di qualche ex sindaco. Eppure il modello funziona: basta guardare a Castelmezzano e Pietrapertosa o Santo Stefano di Sessanio, borghi di dimensioni ridotte del nostro sud che hanno saputo creare attrattività attraverso progetti innovativi e collaborazioni intelligenti. Ma evidentemente a Guardia hanno scoperto un modello ancora più innovativo: l’albergo inesistente. Zero investimenti, zero rischi, zero turisti. Geniale. A Guardia sarebbe perfetto: case storiche da ristrutturare non mancano, e le esperienze da offrire al turista nemmeno. Ma l’unico diffuso, per ora, è il disinteresse della pubblica amministrazione. Un disinteresse così capillare e pervasivo che meriterebbe una menzione speciale nei manuali di anti-marketing territoriale.

Eventi? Meglio l’improvvisazione. Oggi tutto ruota intorno a Vinalia, un evento diventato nel corso degli anni sempre più caotico e meno selettivo, organizzato da una manciata di volontari sognatori che evidentemente non hanno capito che il motto comunale di Guardia è “Meno si fa, meglio è”. Per il resto, manca un calendario strategico, una visione pluriennale, un’idea di comunicazione, soprattutto da parte dell’istituzione comunale. Ogni evento sembra nascere spontaneo, con il classico spirito “facimme ‘na cosa bella”, senza una vera logica turistica. D’altronde, perché programmare quando si può improvvisare? È più divertente, più autentico, più… medievale. Nel frattempo, realtà a noi vicine come Pietrelcina o Cusano Mutri fanno rete, progettano, vincono bandi e attirano flussi costanti. Forse hanno scoperto un segreto magico chiamato “programmazione”. O forse, più semplicemente, hanno qualche santo protettore oppure hanno amministratori che non considerano i turisti come una iattura.

Ma ora basta piangersi addosso. Guardia Sanframondi può farcela. Ma serve il cambio di passo, e soprattutto serve ammettere che le amministrazioni degli ultimi anni hanno applicato alla perfezione la strategia dell’anti-accoglienza. Il paese ha un potenziale enorme: è bello, autentico, ancora non invaso dai bus turistici. E probabilmente non lo sarà mai, di questo passo. I turisti stranieri – soprattutto americani – stanno già arrivando, spesso attratti dal passaparola o da connazionali che hanno comprato casa qui. Ma l’accoglienza non può dipendere solo da due o tre B&B e una manciata di ristoranti che resistono come partigiani contro il logorio della vita moderna e l’indifferenza amministrativa. Quello che manca è una regia pubblica. Un Comune che dica: “Basta improvvisazioni. Ecco la strategia. Ecco i bandi. Ecco il team che se ne occuperà.” Invece abbiamo avuto decenni di amministrazioni che sembravano dire: “I turisti? Ma chi li vuole. Disturbano la quiete medievale. Meglio tenere tutto com’è, tanto il mondo là fuori è sopravvalutato.”

Non serve inventare nulla. Basta copiare chi lo fa già bene. Ma copiare richiede umiltà, e ammettere che forse, dico forse, negli ultimi trent’anni qualcosa non è andato per il verso giusto.

Le tre cose da fare. Ieri.

Recupero del centro storico prioritario, partendo dalle vie principali e mettendo in sicurezza i ruderi. Sì, lo sappiamo, costa fatica e soldi. Ma è l’unico modo per evitare che tra dieci anni Guardia diventi un set per film post-apocalittici.

Attivazione concreta dell’albergo diffuso con fondi regionali già disponibili, basta chiedere. Basta slide, basta convegni: serve qualcuno che firmi le carte e tagli i nastri.

Costruzione di un calendario annuale eventi coordinato con le cantine e le associazioni. Coordinamento, appunto: quella parola misteriosa che evidentemente non è mai arrivata fino a qui. Perché la rivoluzione parte dalla regia. Non dal miracolo. Guardia Sanframondi non ha bisogno di miracoli. Ha bisogno di amministratori che non considerino i visitatori come una seccatura da evitare. Ha bisogno di un sindaco con visione, una giunta che non sia scappata da casa (o che almeno faccia finta di essere presente), una squadra tecnica, un ufficio bandi efficiente e un pizzico di coraggio. Soprattutto, ha bisogno di ammettere che le strategie del passato – cioè il non avere strategie – non hanno funzionato. Poi i miracoli arriveranno da soli, quando i turisti posteranno selfie tra i vicoli restaurati, quando anche i vini delle nostre piccole cantine locali saranno in cima alle carte dei ristoranti di New York, quando i giovani imprenditori sceglieranno di investire qui invece di scappare verso lidi più accoglienti (amministrativamente parlando).

La domanda non è se il mondo sia pronto per Guardia. È se Guardia – e soprattutto le sue amministrazioni – sono finalmente pronte a smettere di nascondersi dal mondo. O se preferiscono continuare a coltivare l’arte sublime dell’invisibilità turistica, patrimonio immateriale di decenni di amministrazioni creative nell’arte del non fare.

Forse è arrivato il momento di decidere: vogliamo rimanere il solito paese che aspetta Godot, o vogliamo diventare il paese che Godot viene a cercare?