C’è un paese nel cuore del Sannio dove la storia non muore per vecchiaia, ma per abbandono. Un borgo che ha resistito a terremoti, guerre, assedi. Ma non alla nostra indifferenza.
Guardia Sanframondi, con i suoi nove secoli di storia, non sta semplicemente decadendo: sta implodendo nel silenzio di chi dovrebbe difenderla. Un tempo “straordinaria gemma del Sud”, come la definì lo storico Raffaello Causa. Oggi, una ferita aperta nel paesaggio circostante, che sanguina pietre, memorie e arte.
In cima al borgo, il castello normanno di Raone di Sanframondo – costruito nel 1139 – continua a guardare la valle come ha fatto per secoli. Ma quello sguardo non protegge più nulla. Le sue mura sono diventate un monumento alla resa. Sopravvissuto a terremoti, saccheggi, all’usura del tempo, oggi quel castello – in parte restaurato – osserva in silenzio la morte lenta di ciò che la storia aveva salvato.
Dai primi anni 2000 si attende un intervento incisivo per l’intero centro storico. Venticinque anni. Una generazione intera. E nel frattempo, tutto ciò che poteva essere valorizzato è stato lasciato marcire. Il convento di San Francesco – ceduto a privati – è sbarrato. La chiesa dell’Annunziata sconsacrata e restaurata è oggi una location per manifestazioni. San Rocco giace nel degrado. Le opere d’arte – quelle che non sono state rubate – sono state rimosse come feriti da un campo di battaglia, portate altrove per non soccombere all’incuria. E quel che resta è un corpo senz’anima. Belle pietre, ma vuote. Un luogo che sopravvive a sé stesso. Le strade in ciottoli, le porte storiche, le scalinate, i lavatoi medievali sono ancora lì. Ma non servono a nulla se mancano la vita, il culto, la cultura.
Guardia ha mantenuto la sua forma medievale, ma ha perso la sua voce. Come un attore che conosce la parte, ma ha dimenticato perché sta recitando. E il fallimento di tutto ciò ha un volto: il nostro. Venticinque anni di promesse infrante non sono solo una colpa politica. Sono una dichiarazione collettiva di disinteresse verso chi siamo. Non è solo negligenza. È smarrimento. È l’incapacità di riconoscere che la bellezza non è un lusso, ma una necessità.
Ma in tutto questo Guardia Sanframondi non è sola. Centinaia di borghi in Italia sono condannati allo stesso destino. Non per mancanza di valore, ma per mancanza di risorse, per mancanza di volontà. Non perché nessuno li conosca, ma perché tutti li danno per persi.
Stiamo trasformando anche Guardia in un museo a cielo aperto senza custodi, in un archivio di memorie spente. Che fine vogliamo fare? Ogni giorno che passa, Guardia perde un pezzo della sua anima. E ogni volta che restiamo in silenzio, siamo complici. Fino a quando ci limiteremo a raccontare il degrado, senza combatterlo? Salvare Guardia Sanframondi non è impossibile. Ma serve una scelta netta. Serve coraggio. Serve l’umiltà di ammettere che non c’è futuro senza memoria. E che ogni pietra che cade è una possibilità che perdiamo. Per sempre. Guardia si può salvare. Ma dobbiamo volerlo. Ora. Non tra altri venticinque anni.
Eppure, nel cuore di questa agonia, qualcosa si muove. Contro l’abbandono e il silenzio delle istituzioni, qualche realtà locale sta combattendo per restituire vita a Guardia. Sono le associazioni culturali e civiche del territorio, animate da cittadini che non si arrendono al declino. E, sorprendentemente, sono anche gli occhi di chi è venuto da lontano, innamorandosi di ciò che noi stavamo dimenticando. Negli ultimi anni, un gruppo di artisti americani ha scelto di stabilirsi a Guardia Sanframondi. Hanno acquistato case, restaurato spazi, avviato studi creativi. In silenzio, con determinazione, hanno ridato colore a vicoli abbandonati, riportato vita nelle piazze vuote, acceso dialoghi tra culture e generazioni.
Questo piccolo ma significativo movimento internazionale ha dimostrato che Guardia ha ancora un’anima che può risorgere, se coltivata con rispetto e visione. Ma non possono farlo da soli.