C’è un’Italia che si scopre soltanto rallentando. Un’Italia fatta di colline silenziose, borghi sospesi, riti antichi e comunità resilienti. Un’Italia come Guardia Sanframondi, cuore simbolico del Sannio beneventano, dove la storia si confonde con la fede e il paesaggio non è solo bellezza, ma memoria di fatica e resistenza.

Fino a qualche anno fa, Guardia era conosciuta quasi solo per i suoi celebri Riti Settennali di Penitenza, una manifestazione religiosa che ogni sette anni trasforma le sue vie in un cammino collettivo di fede, dolore, identità. Uomini incappucciati, flagellati, scandiscono un ritmo arcaico, dove il sacro e il simbolico si toccano. Un evento che ha affascinato studiosi di tutto il mondo, da Marino Niola a registi e documentaristi, ma che resta prima di tutto un fatto intimo della comunità.

Oggi però Guardia è qualcosa di più. È un borgo che prova a rinascere, con dignità e con visione.

Nel cuore del Sannio, Guardia Sanframondi ha saputo distinguersi. Non con grandi infrastrutture o colpi di scena, ma puntando su cultura, vino, turismo sostenibile. La Falanghina e l’Aglianico di queste colline non sono più solo vini locali, ma ambasciatori del territorio.

Nel frattempo, sempre più stranieri acquistano case nel centro storico, attratti dalla bellezza e dal senso del tempo che ancora resiste. Qualche B&B, piccole gallerie, laboratori. Guardia cerca di ripopolarsi lentamente, con un mix inedito di radici e nuove energie.

Ma questa trasformazione, come ogni tentativo di rinascita, porta con sé dei rischi. Il primo: la spettacolarizzazione. I Riti Settennali, ad esempio, sono un patrimonio vivente, ma non un evento turistico. Devono essere rispettati, compresi, protetti. Come ha ricordato Niola nella scorsa edizione, “sono l’ultimo grande rituale di penitenza dell’Occidente”. È fondamentale che restino tali, espressione autentica della comunità, e non oggetto di consumo.

Il secondo: il turismo disordinato. Finché è lento, consapevole, esperienziale, può essere una seppur piccola risorsa. Ma se diventa frettoloso, caotico, privo di rispetto – come purtroppo avviene nelle manifestazioni enogastronomiche di massa – rischia di snaturare tutto. In questo senso, Guardia ha ancora tempo per scegliere. È ancora “in bilico”, e proprio per questo ha una responsabilità storica.

Eppure le basi ci sono. Il centro storico, ad esempio, non è solo da fotografare, ma da vivere rendendolo più accessibile e coinvolgente. È una questione di scelte. Guardia è un paese che ha saputo guadagnarsi una reputazione positiva, tanto da essere premiato tra i “Comuni Ricicloni” della Campania grazie all’impegno nella raccolta differenziata. Eppure, dietro questa immagine virtuosa, si nasconde una verità scomoda, che i cittadini denunciano da anni: parti del territorio versano in uno stato di abbandono che non può più essere ignorato. Lontano dagli occhi e dalla cura che circondano il Municipio e la parte del centro storico “abitato”, le periferie di Guardia mostrano un’altra faccia. Zone come la “bretella”, una strada mai completata, è oggi una discarica a cielo aperto. Le immagini postate quotidianamente dai cittadini sui social network non lasciano spazio a dubbi: quello che dovrebbe essere uno dei punti d’ingresso del paese è stato trasformato in una vergogna permanente. Tuttavia, nonostante le segnalazioni e gli appelli, nessuna bonifica strutturale o intervento risolutivo è mai stato avviato in particolare per quel pezzo di strada, se non in occasione di eventi speciali come il passaggio del Giro d’Italia. Un maquillage temporaneo, che però non risolve il problema alla radice.

Parlare di bellezza, turismo e sviluppo senza affrontare il degrado significa ignorare una fetta significativa del problema. Non si può pensare di attrarre visitatori con la mano sinistra e tollerare l’abbandono e il degrado con la destra. Perché la bellezza di un paese non può fermarsi a pochi metri dal Municipio. E il diritto a vivere in un ambiente sano e decoroso deve valere per tutti, nessuno escluso.

Ma Guardia non ha bisogno nemmeno di diventare “la nuova Telese Terme”. Ha bisogno di essere Guardia Sanframondi: un luogo unico, dove la spiritualità incontra il vino, dove le pietre parlano e le colline raccontano storie. Serve però una visione condivisa, che coinvolga agricoltori, amministratori, giovani, anziani, associazioni. Serve un patto di territorio, che dica con chiarezza: “Questo è ciò che siamo, e questo è ciò che vogliamo diventare”. Non serve rincorrere modelli. Serve proteggere l’anima di Guardia. Coltivarla, come si fa con la vigna.

Oggi Guardia, con una politica che non promette più salvezza per le Aree Interne del Mezzogiorno, ma “accompagnamento al declino”, ha l’occasione di diventare un laboratorio nazionale di sviluppo sostenibile. Non solo per ciò che fa, ma per come lo fa. Con misura, con lentezza, con coerenza. Oggi non si può restare fermi, ma prendere posizione. Dire: non ci rassegniamo alla marginalità, vogliamo vivere in modo pieno, degno, creativo.

Guardia ha tutto per riuscirci. Deve solo decidere di farlo. Guardia ha tutto: storia, cultura, natura, sapori, spiritualità. Ma non basta che lo sappia chi ci vive. Bisogna trovare il modo giusto per raccontarlo, con orgoglio e misura. E per proteggerla, prima che sia troppo tardi.

Foto Lello Mazzacane