C’è un vecchio detto che recita: “Le strade raccontano la storia di un paese.” A Guardia, purtroppo, è scritta in buche, crepe e marciapiedi sconnessi. E non racconta una resilienza urbana, ma un lento e inesorabile diario dell’abbandono.
Come cittadino, mi chiedo spesso: com’è possibile che le strade restino in condizioni tanto disastrose? La risposta, a dire il vero, non sorprende più nessuno. In un contesto dove la manutenzione ordinaria è diventata un’utopia, parlare di asfalto e marciapiedi sembra quasi un esercizio filosofico più che un’opera di ingegneria. A Guardia, rattoppare una buca è diventato un gesto rivoluzionario, un atto straordinario, mentre dovrebbe essere l’ordinario minimo garantito.
Nel frattempo, si moltiplicano gli annunci sul “rilancio del turismo” e sulle “strategie per il futuro”. Ma ogni giorno, cittadini e automobilisti si ritrovano a compiere un percorso a ostacoli degno delle Olimpiadi, schivando crateri e affrontando marciapiedi dissestati. È il nostro training urbano quotidiano. E tutto questo si consuma in un silenzio istituzionale assordante. Invece di affrontare concretamente il degrado urbano, si punta sull’ennesimo evento multiculturale, descritto come apolitico e “visionario”. Nulla da eccepire sull’intento, ci mancherebbe. Ma mentre ci prepariamo a un’estate piena solo di locandine colorate, i nostri mezzi si adattano più al fuoristrada che al contesto urbano. E i ciclisti che arrancano dalla valle iniziano seriamente a chiedere elmetti da alpinismo, più che caschi da bici.
Forse allora il vero tratto distintivo di Guardia non è l’accoglienza, ma l’arte raffinata con cui i suoi abitanti si arrangiano. Con la grazia di ballerini di tango, evitiamo ostacoli, ci destreggiamo tra i marciapiedi e sopravviviamo ai dislivelli. Perché qui, più della manutenzione, trionfa l’inventiva del cittadino comune. Le buche, in fondo, sono molto più che un problema di viabilità: sono un promemoria quotidiano del divario tra le promesse e i fatti. Finché prevarrà l’apparenza sulla sostanza, finché si metteranno in scena progetti ambiziosi ignorando l’evidenza del dissesto, non saranno gli eventi multiculturali a unirci, ma le buche. Sì, perché a Guardia, l’unico intervento costante è quello del cittadino che schiva, evita, resiste. Ogni giorno. Senza selfie. E senza applausi.
E mentre ci raccontano visioni per il futuro, noi continuiamo a inciampare nel presente. Ma ogni salto ha un limite. E quando finirà, speriamo che non sia in fondo a una buca.