A Guardia qualcosa si muove. E questa volta non si tratta di giochi politici, di vecchie alleanze che cambiano forma o di nuove candidature in cerca di consenso. Per quelle ci sarà tempo. Nasce un movimento spontaneo, di cittadini italiani e ospiti stranieri. Dicono senza simboli né bandiere. Nasce dal basso, come raramente accade nei piccoli centri, e soprattutto nasce da un bisogno autentico: partecipare.

Tutto questo non è un caso né una moda. È una risposta. Una risposta a un senso di distanza, percepito o reale, tra cittadini e istituzione Comune. Una reazione al silenzio che da ben quattro anni e mezzo avvolge i temi importanti della comunità: lo stato dei servizi, la trasparenza amministrativa, la gestione del territorio, il futuro dei giovani. È la dimostrazione che, anche in un’epoca di sfiducia diffusa, c’è ancora chi crede nella possibilità di incidere sulla realtà partendo dal basso.

Ma ora la domanda è un’altra: chi amministra, è pronto ad ascoltare?

In un paese normale un’amministrazione matura non teme le voci libere. Le accoglie. Le considera un termometro prezioso dello stato della comunità. Perché la buona politica non si fa solo nel silenzio dei consigli comunali, ma anche nelle strade, nelle case, nei bar, nei gruppi di cittadini che decidono di non voltarsi dall’altra parte. Un movimento che nasce – almeno all’apparenza – senza secondi fini, senza l’ombra di interessi personali, è un’occasione rara. Da non sprecare. Guardia ha bisogno di dialogo. E il dialogo vero si costruisce nel rispetto, nel confronto, nella trasparenza. Non servono proclami né barricate: serve ascolto. Serve il coraggio di riconoscere che nessuno, da solo, ha tutte le risposte. Nemmeno chi amministra.

In un paese come il nostro, che si è abituato al silenzio e alla rassegnazione, la nascita di un nuovo movimento è una scossa che nessuno dovrebbe sottovalutare. Perché tutto ruota attorno a un’idea semplice ma potente: nessuna rinascita è possibile senza la comunità. E questa comunità, a Guardia Sanframondi, c’è. Solo che da troppo tempo è ignorata, scoraggiata, relegata a spettatrice. Lo dimostra l’entusiasmo con cui tanti cittadini – anche stranieri, in particolare americani – hanno investito in questo borgo, portando idee, energie, risorse. Un capitale umano e culturale straordinario che, paradossalmente, l’istituzione locale ha spesso guardato con diffidenza, quando non con indifferenza. Non bastano gli annunci, le chiacchiere, i patrocini last-minute o le presenze protocollari agli eventi. La nascita di un nuovo movimento non si celebra: si accoglie, si alimenta, si accompagna.

Ma dietro le parole d’ordine di partecipazione, inclusione e cambiamento si celano alcune contraddizioni e interrogativi legittimi. In primo luogo, quando si parla di un movimento “spontaneo e apolitico” quale messaggio si intende mandare? Davvero si vuole rimanere fuori dalle logiche istituzionali, o si cerca una legittimazione implicita attraverso l’uso di spazi e simboli del potere locale?

La composizione del gruppo fondatore, un misto di cittadini italiani e stranieri, è interessante ma potrebbe apparire più come un’operazione estetica che sostanziale. Da anni la comunità straniera investe a Guardia – questo è un fatto – ma l’impatto reale sul tessuto economico e sociale è stato finora limitato a pochi ambiti immobiliari e culturali. È legittimo chiedersi quindi se basti la buona volontà di pochi a “rivitalizzare” un paese, senza affrontare le cause profonde dell’apatia diffusa: emigrazione, disoccupazione giovanile, disillusione politica. Il linguaggio del movimento, poi, sembra fare eco a mode e concetti già sentiti – “dal basso”, “trasparenza” – spesso usati in passato da alcuni soggetti politici locali senza portare a cambiamenti concreti. Il rischio è che anche Guardia Viva! finisca per essere un altro contenitore vuoto, dove si parla molto ma si fa poco.

Infine, l’assenza di una vera progettualità – almeno per ora – lo scopriremo sabato prossimo, alimenta dubbi sulla sostenibilità a lungo termine dell’iniziativa. Oltre agli “incontri programmati”, quali azioni sono previste? Quali risorse? Quale coinvolgimento reale dei cittadini meno attivi, spesso dimenticati da queste iniziative idealistiche? Serve uno sforzo in più: uscire dalla zona di comfort dei “soliti noti”, coinvolgere chi non ha voce, ascoltare chi non frequenta gli eventi culturali. Solo così un movimento può diventare davvero popolare, nel senso più autentico del termine. Guardia Sanframondi ha certamente bisogno di nuova energia, ma anche di onestà intellettuale: il cambiamento non si improvvisa, né può essere guidato solo da entusiasmo e buone intenzioni. Servono analisi serie, competenze, continuità e la capacità di ascoltare anche le voci critiche, non solo quelle entusiaste.

E poi quella parola magica: “apolitico”. Che ormai vuol dire tutto e niente. Guardia Viva! non è un soggetto politico, per carità, ma vuole “interagire con l’istituzione”. Tradotto: vogliamo contare. Vogliamo parlare, ma senza responsabilità. Ci avete fatto caso? La politica oggi è brutta solo quando tocca agli altri.

Per ora siamo al livello delle buone intenzioni e degli slogan da calendario motivazionale: “piccoli gesti quotidiani”, “presenza costante”, “trasparenza”. Ottimo, ma il paese ha già dato. Da anni vediamo progetti lanciati con entusiasmo e poi finiti sotto una coperta di silenzio. Non è più il tempo delle inaugurazioni: è il tempo delle manutenzioni, delle risposte, dei risultati.

Eppure, inutile negarlo, qualcosa è cambiato. La semplice esistenza di questo movimento ha già rotto un equilibrio stagnante. Ha costretto tutti – amministratori, cittadini, operatori economici – a fare i conti con una domanda rimossa: dove stiamo andando? E con chi?

Bene allora Guardia Viva! È un primo passo. Una scintilla. Ora tocca agli altri. Perché il tempo delle attese a Guardia Sanframondi è finito. E chi resta fermo, oggi, è parte del problema.