Ci sono luoghi che sembrano fatti apposta per far sparire le persone. Uno di questi è il Consiglio Comunale di Guardia Sanframondi. Qui non si alzano voci, si abbassano gli sguardi. Non si pongono domande, si firmano verbali. Non si confrontano idee, si registrano presenze. L’aula consiliare è diventata una stanza d’attesa del nulla: un teatro spento, dove si recita il copione più triste di tutti, quello di una democrazia formalmente viva, ma sostanzialmente in coma. La maggioranza, con l’eccezione della consigliera Fiorenza Ceniccola, è muta da quattro anni e mezzo. Nessuna mozione, pochi interventi, una panchina da colorare, un po’ di plastica da raccogliere per il paese, mai una presa di posizione che abbia disturbato l’equilibrio apparente. I consiglieri non portano le istanze del territorio in Comune: portano fuori la versione ufficiale, senza mai contestare o domandare. Eppure sarebbero i garanti dell’indirizzo politico, i portatori delle istanze dei cittadini, gli occhi e le voci del territorio. E il presidente del consiglio? Una figura che dovrebbe garantire il dibattito e la trasparenza, ridotta a semplice custode delle formalità o al massimo a replicare sui social alle critiche di qualche cittadino. Microfono d’ordinanza, timbro cerimoniale.
Ma la vera tragedia democratica è un’altra: oggi maggioranza e opposizione sono la stessa cosa. Un’opposizione che non si oppone. Che assiste. Che scrive si e no due volantini l’anno e poi sparisce. Un’opposizione che non interpella, non incontra, non chiede. Un’opposizione che sembra esserci solo per dire, tra qualche mese quando andremo a votare: “Io c’ero”. Ma per fare cosa? Per rappresentare chi? Un’opposizione silente è più dannosa di una maggioranza arrogante. Perché almeno la seconda si assume la responsabilità delle scelte. La prima si sottrae al dovere del controllo. E senza controllo, la democrazia è una liturgia vuota. Il risultato? Un consiglio dimezzato. Una maggioranza che ratifica. Un’opposizione che assiste. E nel mezzo, i cittadini che non sanno più a chi rivolgersi. Se la Giunta è chiusa, il Consiglio è afono, e l’opposizione è sparita, chi garantisce la trasparenza a Guardia? Chi rappresenta i problemi reali? Chi fa domande scomode?
Risposta: nessuno.
Così il Palazzo comunale si chiude, si parla addosso, o peggio: non parla affatto. Cresce la paura di esporsi. Muore la politica. Qualcuno dirà: “È inutile parlare, se poi ti isolano. Se protesti, resti solo.” Ma allora chiediamoci: è questo il senso di un mandato elettorale? Rimanere zitti per non perdere simpatie? Essere eletti per non disturbare il manovratore? Se sì, siamo all’epilogo. Alla politica ridotta a strategia di sopravvivenza. Alla fine della rappresentanza. E a quel punto, meglio tornare a casa. Meglio lasciare spazio a chi ha il coraggio di dissentire, di dire “Io non ci sto”. Perché il consigliere comunale non è un titolo: è una responsabilità. Non serve urlare. Basta essere presenti con coscienza. Non serve odiare. Basta non avere paura di deludere chi comanda.
Guardia Sanframondi merita di più. Merita consiglieri comunali (soprattutto i più giovani) che parlano, decidono, non solo che presenziano. Merita una politica che si esponga, anche se rischia. Merita voce, non solo volto, non solo un like su Facebook. Merita un’opposizione che si faccia sentire, anche se fa solo rumore. Il consiglio comunale non è un coro gregoriano. È – o dovrebbe essere – il cuore battente della comunità. Oggi, invece, è vuoto: e non solo di cittadini guardiesi.
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