C’è chi scompare, e chi riempie ogni spazio. Il sindaco Di Lonardo è il silenzio. La maggioranza (assessori e consiglieri), il volume al massimo. Dove lui tace, loro postano. Dove lui manca, loro si moltiplicano. Il risultato? Un equilibrio strano: tra assenza e protagonismo, tra il fantasma e l’uomo-copertina. Una giunta in chiaroscuro. Silvio Falato, ad esempio, satura ogni pixel disponibile. Non c’è pioggia, sole, festa o lutto senza post, selfie, proclami, pensieri profondi e citazioni sacre. Ogni giorno è il giorno buono per apparire. Ogni cosa è un’occasione per dire: “Noi ci siamo”. Ma soprattutto: “Ci siamo solo noi”. A colpi di post, foto, video, slogan, si costruisce ogni giorno una narrazione che sembra più interessata all’apparenza, a una messa in scena destinata a legittimare chi detiene il potere agli occhi del popolo guardiese. E mentre i cittadini scorrono le immagini sullo smartphone delle attività istituzionali, si fa fatica a individuare risultati tangibili, scelte strategiche, progettualità a lungo termine.
La comunicazione istituzionale – un tempo dovere sobrio – è diventata vetrina personale. I social del Comune, e soprattutto quelli personali – Sebastiano Ceniccola, Carlo Falato, Angela Garofano, ecc… -, mescolati senza filtro, sono ora una galleria dell’ego. Non più informazione, ma esposizione. Non più servizio, ma autopromozione. Emerge il presidente del Consiglio comunale – stimato professionista -, che è anche regista, attore, scenografo, addetto stampa, commentatore e voce narrante. Non del Comune. Di sé stesso.
Attenzione: qui nessuno contesta il valore della comunicazione. In un’epoca di disinformazione, è fondamentale parlare ai cittadini. Ma ciò che vediamo in questi anni a Guardia è un’altra cosa. Non è comunicazione pubblica: è storytelling autoreferenziale. È costruzione del personaggio. È show quotidiano, senza contraddittorio, senza sostanza. Ogni piccolo gesto amministrativo – una panchina pitturata, una pianta innaffiata – diventa un evento epico. Foto, slogan, retorica. Ma alla fine, cosa resta? Resta un Comune orfano di contenuti. Resta una politica fatta di slogan vuoti e promesse seriali: faremo, abbiamo fatto, faremo di più. Ma su cosa? Con quali risorse? Con quale visione?
È questo il paradosso della nostra epoca, l’epoca dei social: più parlano, meno si capisce. Più postano, meno amministrano. Più si mostrano, meno si vedono i risultati. L’amministrazione Di Lonardo è diventata il simbolo di una politica fatta di apparenze: visibilità al posto della responsabilità, presenzialismo al posto dell’efficacia, social al posto del sociale. Un’amministrazione che guarda meno al futuro di Guardia e più al prossimo like su Facebook.
Nel frattempo il paese osserva, commenta, si divide. C’è chi applaude: “Almeno si fanno vedere”. C’è chi si rassegna: “Meglio loro che il silenzio assoluto”. Ma dietro la facciata social, dietro la presenza costante online, si nasconde spesso un’assenza ben più profonda: quella della direzione politica, della chiarezza nelle scelte, della responsabilità nell’agire. E qui le risposte scarseggiano. Non c’è storia che tenga. Perché Guardia merita più di una vetrina. Merita una visione, una guida, un’amministrazione che metta al centro i cittadini e non il proprio riflesso. Perché amministrare non significa mostrarsi, ma servire. Non significa raccontare, ma realizzare. E oggi più che mai, serve tornare alla sostanza.