Recentemente, a Guardia, si assiste sempre più frequentemente a un fenomeno che sembra racchiudere in sé un paradosso: i giovani in politica. Un’immagine che, almeno a prima vista, sembra simbolizzare un rinnovato impegno civico e politico da parte dei giovani guardiesi. Tuttavia, dietro a questa “cartolina” colorata e rassicurante, si cela una realtà più complessa: un vuoto di contenuti e spirito critico, che rischia di svuotare anche i gesti più simbolici, come quello di promuovere il territorio, incoraggiare iniziative, organizzare eventi, ecc…

È vero, il titolo dell’articolo “Il ratto dei giovani” lancia un’accusa forte, ma necessaria: perché i giovani di oggi sembrano aver rinunciato al ruolo di “opposizione” al potere locale che altri, prima di loro, hanno incarnato nei decenni passati. Non sono più i protagonisti di una protesta radicale, ma cercano soltanto legittimazione dal potere. Nessuno protesta. Gli incontri pubblici non sono più il luogo dove ci si batte per un cambiamento profondo della comunità, ma dove si cerca l’approvazione, la visibilità, a volte anche solo un “battesimo” mediatico. La critica al potere locale, dunque, si concentra su una partecipazione che non sfida il sistema, ma piuttosto cerca di entrarvi in punta di piedi. Ecco allora che il confronto con i movimenti giovanili degli anni Settanta e Ottanta è inevitabile: allora la gioventù si opponeva attivamente al potere, cercando di abbattere i paradigmi esistenti. Oggi, molti giovani guardiesi si limitano a manifestare una forma di impegno che non turba né minaccia minimamente chi gestisce il potere, ma lo conforta. Il rischio di una protesta senza contenuti, senza idee nuove, è un pericolo concreto: i giovani di Guardia potrebbero diventare solo un’altra faccia del potere, piuttosto che una forza di cambiamento. Anche in chiave elettorale. La protesta nei confronti della politica inconcludente, un tempo simbolo di dissenso e lotta, rischia di trasformarsi soltanto in un palcoscenico, dove i giovani si offrono come comparse per un copione già scritto da chi occupa le posizioni di potere. Le loro voci, anche se si alzano sui social, non sono altro che eco di ciò che già si dice. Piuttosto che sfidare il sistema, i giovani di Guardia finiscono per ripetere luoghi comuni, alimentando la retorica di chi vorrebbe vedersi legittimato dalla loro presenza.

Tuttavia, non tutto è da rigettare. Pur nel vuoto di contenuti offerto oggi dai social, c’è un dato positivo: vedere i giovani (ancora pochi, purtroppo) per delle cause che richiamano la politica e il futuro di Guardia, è un segno di speranza. Un’immagine di comunità che fa sperare in un domani migliore, anche se questa immagine non basta a dare vita a un cambiamento concreto. Perché la politica non è solo un atto visivo: è pensiero, azione, contrasto, parola. La politica vera è quella che agisce, che pone domande scomode e cerca risposte nuove, non quella che si adatta e si conforma.

La domanda che dobbiamo porci è dunque questa: i giovani di Guardia oggi stanno davvero vivendo un risveglio politico? O sono semplicemente delle comparse in un gioco di potere già scritto? Sono ancora capaci di sognare, di ribellarsi, di costruire un futuro alternativo, o sono diventati spettatori passivi di una politica che ormai non sa più nemmeno cosa sia il cambiamento?

Il vero pericolo non è tanto la loro assenza, ma la loro presenza vuota, obbediente, senza consapevolezza. Perché se anche i nostri giovani diventano parte integrante del sistema, se anche il dissenso viene incanalato nelle logiche elettorali e politiche più tradizionali, allora la politica perde la sua essenza, e con essa anche i giovani, che dovrebbero essere i veri protagonisti del cambiamento.