Il paese sospeso. A quattro anni e mezzo dall’inizio del mandato, il governo cittadino sembra essersi dissolto nell’inerzia. La comunità resta in attesa, bloccata in una sospensione senza prospettive.

Quattro anni e mezzo di governo, eppure sembra che il tempo si sia fermato. Il paese vive in una condizione di sospensione, quasi fosse rimasto intrappolato in un eterno “nel frattempo”, senza direzione né svolta. Un’amministrazione, quella guidata dal sindaco Di Lonardo, che appare più come un esercizio provvisorio che come un mandato pienamente esercitato.

Il primo cittadino, formalmente in carica, sembra aver interpretato il proprio ruolo in maniera distaccata, quasi astratta, come se il potere non fosse mai realmente transitato attraverso la sua persona. Un sindaco “sospeso a divinis”, direbbero alcuni: tecnicamente presente, ma politicamente e simbolicamente assente.

Non va meglio per la giunta. Gli assessori si trovano stretti in una morsa di ambiguità e contraddizioni: da un lato, il dovere istituzionale di sostenere un sindaco con cui condividono sempre meno; dall’altro, la tensione latente di chi attende solo l’occasione giusta per affrancarsi e tornare protagonista. Un clima di stallo e sfiducia che contagia anche l’opposizione, ferma in attesa di capire se Floriano Panza — figura ancora centrale nei giochi politici locali — abbia davvero intenzione di ricandidarsi. Nel frattempo, l’unica cosa chiara è l’incertezza.

Intorno a questo scenario, si muovono — o meglio, restano fermi — i soliti volti: gli eterni candidati, riciclati ad ogni tornata, pronti a cambiare casacca secondo convenienza. Il loro protagonismo biforcuto, mosso più dal calcolo che dalla convinzione, è il riflesso di un sistema che ha smesso da tempo di credere nei progetti a lungo termine.

Ma la sospensione più grave, e forse più drammatica, riguarda i giovani. Una generazione che appare priva di prospettiva, senza motivazioni, sempre più disillusa. Rischiano di svanire prima ancora di diventare protagonisti, in un ciclo che si ripete con l’inerzia di un destino già scritto.

Così, tra ambizioni represse, leadership evanescenti e promesse disattese, il paese resta fermo. E in questo tempo sospeso, ciò che manca non è solo il governo di oggi, ma — soprattutto — la visione di un domani.

Eppure, proprio questa lunga immobilità potrebbe essere il punto di ripartenza. Il bisogno di una leadership autorevole — competente, non compromessa — è sempre più evidente. Serve il coraggio di rompere gli equilibri logori, di alzare la voce, di pretendere un’amministrazione che scelga, decida e soprattutto risponda. Serve una comunità che non si rassegni alla paralisi e che torni a immaginare il futuro come qualcosa che si costruisce, non che si attende.

La sospensione non può durare per sempre. Prima o poi qualcuno dovrà premere play.