Dopo tutto quel che accade su scala planetaria ora che Trump inizia a svelare, senza trucco né maquillage, il vero volto degli Usa. Che hanno sempre badato al loro tornaconto, fregandosene di perdite di tempo tipo democrazia, diritto internazionale, principi umanitari, autodeterminazione dei popoli, solidarietà fra alleati, ecc… Qualche giorno fa, per la prima volta, abbiamo provato un moto di umana pietà per l’amministrazione Di Lonardo. Combatterla fino a quando è proterva e arrogante, riverita dai pochi tifosi rimasti che però ancora le permettono di dire e fare tutto e il contrario di tutto, insultare nei caminetti avversari e critici, attori politici del recente passato e passanti, è cosa buona e giusta. Ma vederli lì, oggi, soli e abbandonati dai cosiddetti amici, circondati dal nulla, in balia di Floriano che gli urla di tutto nella totale assenza di coscienza critica dei guardiesi e nel silenzio di una manciata di peones da bancone del bar ancora presenti, dà l’idea dello stato terminale della sua parabola politica. La finta opposizione non le rivolge la parola e certo non può spenderne una in suo favore, compagni di avventura (politica) da decenni e sedicenti oppositori la vivono come un’imbarazzante zavorra di cui sperano che lei stessa li liberi. Sul bancone di qualche bar “amico” qualcuno ancora la difende, ma ormai esser difesi da costoro è peggio di una condanna a morte. La resa dei conti elettorale avanza e, se arriverà pure la presa d’atto nella cittadinanza del loro totale fallimento in aggiunta a quella per manifesta incapacità amministrativa (che sarà mai: fa curriculum), verrà trascinata alla porta a viva forza. Ma la vera domanda è perché, l’amministrazione Di Lonardo, sapendo benissimo già da qualche anno di avere il vuoto intorno e la sorte segnata, si espone ancora a un simile stillicidio. Dimettendosi subito, eviterebbe di trasformare in un gigante Floriano. E consumerebbe una vendetta preventiva contro chi già da tempo nel paese l’ha scaricata: renderebbe persino un buon servigio alla politica (o quel che ne rimane) di questa comunità, costringendo la società civile, le nuove generazioni e la cittadinanza tutta a fissare finalmente, una volta per tutte, la soglia minima di decenza oltre la quale persino i nipotini di Floriano devono sloggiare. Magari per dare una risposta a quella larghissima percentuale di guardiesi (e a quel 50,2% di loro elettori) che, secondo i circoletti guardiesi e i soliti banconi dei bar, la vogliono subito a casa. Soprattutto da quando hanno rilevato il loro vero volto. Cioè di aver badato al loro tornaconto, fregandosene di perdite di tempo tipo la qualità della vita dei cittadini guardiesi. Come i loro finti nemici di turno. Ma sinora sono riusciti a nascondersi dietro l’alto valore del cambiamento. Ecco, per chiudere, ai trombettieri guardiesi che preferiscono lo status quo e oggi non sanno cosa mettersi, con la brutalità di un castigo divino veterotestamentario – e parlandone da vivi -, suggeriamo la rilettura del libro di Sciascia e fare proprie in particolare le parole del padrino mafioso Mariano: “Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre…”.
Parlandone da vivi