Da quando abbiamo smesso di desiderare il meglio per Guardia? La malattia di Guardia si può riassumere in questa domanda ma soprattutto in un’espressione che è poi il segno della sua patologia senile: coazione a ripetere. Non riesce a uscire da quello schema fisso e datato, da quella recita teatrale, da quel determinato gruppo di potere, e continua a ripetere e offrire da decenni lo stesso copione clamorosamente fallito anche se la gente è cambiata, il paese è cambiato, il mondo è cambiato. La coazione a ripetere oggi più che mai si palesa nell’operato inconcludente delle sue amministrazioni, nell’insistenza cronica di avvalersi sempre delle stesse figure, nel coro di prefiche in loro lode e supporto, e naturalmente nell’evocazione continua del “bene di Guardia”. La coazione a ripetere è l’incapacità corale di un’intera cittadinanza di produrre soluzioni, alternative, una nuova visione, preferendo rimanere attaccati alla permanenza dei problemi. Oggi, dopo un quinquennio di finto cambiamento e in attesa delle prossime elezioni, il film è ai titoli di coda, ma i coatti della ripetizione sono ancora alla fine del primo tempo, e pensano di combattere l’ennesima battaglia, di mandare truppe, oppure di farsi guidare da quelle stelle della sciagura che hanno gestito e gestiscono questo paese da decenni. Per loro non resta che insistere sui propri errori, continuare a fare del male alla propria comunità. Rendersi ulteriormente ricchi e potenti per più generazioni, accrescere il proprio potere.

È vero, a volte la realtà cambia, ma i personaggi di cui sopra, consapevoli del resto di aver fabbricato le loro carriere all’ombra del Municipio, si ostinano a reiterare all’infinito la loro posizione, incuranti del giudizio dei cittadini. Inutile continuare quindi a dire di un paese che non c’è, di Guardia che non c’è; lo diciamo da anni, ma la cosa assurda è che oltre quest’assenza vistosa e penosa, questo farsi trainare sempre dagli stessi individui ostinatamente senza visione, senza una storia, ormai da anni, da decenni, ora dobbiamo sorbirci pure i sermoni di chi oggi dai banconi dei bar addirittura li rimpiange e non vuole arrivare a un vero cambiamento. Da qui la spinta e la coazione a ripetere di un ceto pseudo-politico che annuncia solo sciagure. Perché il dramma vero è che a Guardia nessuno in questi anni ha saputo prenderne il testimone, la dissidenza è sempre più frantumata e demoralizzata: “È impossibile cambiare il paese”, è la scusante. Nessuno ha la stessa energia (stavolta, in positivo), caparbietà, tenacia, carisma di questi individui: nessuno ha voglia di sognare un’altra Guardia, un profilo che possa riempire il vuoto lasciato dalla sagoma di siffatti personaggi.

Ma davvero vogliamo che la gente di cui sopra affossi definitivamente i sogni e le speranze di Guardia? Manca solo un anno. Che la festa cominci, allora. Coraggio, giovani guardiesi. Fate che questi mesi che ci separano dal test elettorale siano una vera festa, fatta di passione e sentimenti. Guardia è stufa di effetti speciali narcotizzati, invitate alla partecipazione, alla responsabilità, all’impegno, al mutamento, alla “rivolta” civile, morale e culturale. Alla creazione di una comunità che ribalti lo stato delle cose, sposi i reali bisogni dei cittadini e affermi un nuovo modo di intendere la politica, nuove parole, nuove pratiche. Una comunità aperta alle migliori voci del passato e del presente guardiese, che ha fatto la sua parte, ha affermato una identità del fare, oltre che dell’essere.

È questo, cari giovani guardiesi, il più bel messaggio che oggi va raccolto, elaborato, con convinzione e senza retorica. Guardia ha bisogno di voi, di simboli positivi, ma non servono alibi, fughe dalla realtà, retoriche identitarie o antidentitarie, slogan, atteggiamenti aristocratici; non ha bisogno di chi ama lo status quo, la stasi, il peggio e la lamentela: di chi non sa sorridere né immaginare il futuro di questo paese. Servono convinzioni forti, persuasione, qualità, azioni mirate, discorsi garbati, ma scomodi e di verità. Per tutto questo, che la festa cominci, allora, fatelo per quella Guardia che vuole cambiare, resistere, trovare nuove strade, diventare di nuovo protagonista e non tollerare più di essere ultima. Il lavoro che vi si chiede e occorre fare è lungo, per lo più ingrato e faticoso, un lavoro sottile che avrà bisogno di tutto il sostegno da parte di quei liberi cittadini consapevoli che metteranno le proprie conoscenze e sensibilità al vostro servizio. Questi semi già ci sono e sta a voi, a chi ha a cuore il futuro e la sorte di Guardia prendersene cura, affinché crescano in un fertile terreno e possano crescere e maturare quei frutti che le prossime generazioni potranno raccogliere. Manca solo qualche mese, si lavori in questa direzione. Questo è l’auspicio, nonché la speranza che mi sento di formulare.