A tutti coloro che bestemmiano Guardia per la sua visione antiquata, per la sua amministrazione, la sua macchina comunale borbonica, la sua cattiva gestione amministrativa, per i piccoli o grandi scandali, per lo sperpero del pubblico denaro, per i soprusi, per le sottomissioni, le prepotenze, gli abusi di autorità, per le condizioni di vera e propria servitù in cui a volte il cittadino è tenuto dall’Istituzione e dalla burocrazia, io vorrei rispondere che Guardia non c’entra. Tutti i mali della vita guardiese nascono non già dal popolo ma dalla gestione della sua vita socio-politica. Poiché non è vero che ogni popolo ha l’amministrazione che si merita; è infatti l’amministrazione che fa il popolo e non il popolo che fa l’amministrazione. A una amministrazione visibilmente incapace, che sperpera i denari dei cittadini corrisponde un popolo che a volte “dimentica” di pagare le tasse. A una amministrazione che avvilisce i cittadini, corrispondono cattivi cittadini… Dovremmo dunque per un tale intollerabile stato di cose, di cui profittano soltanto una parte ben definita di cittadini, bestemmiare Guardia? No, perché Guardia non c’entra. Date a Guardia una classe dirigente moderna, onesta, leale, giusta, fondata sul rispetto del bene collettivo, e le cose cambieranno.
Io sono orgoglioso di essere guardiese, di essere nato a Guardia Sanframondi, ma oggi mi vergogno d’essere un cittadino del Comune di Guardia. Credete davvero che io mi diverta molto a fare l’oppositore di professione, a questa o quella amministrazione del mio paese, in perpetua lite col suo tempo? No, non mi ci diverto affatto. “Se in una celebre piazza di Roma c’è un Milite Ignoto perché non può esistere un Sindaco Ignoto? Un alto, solenne, mitico sindaco che nessuno vede, che non parla, che non scrive, che aleggia su di noi come un gabbiano trasparente, con un bel cilindro in testa… Un sindaco dev’essere qualcosa fra il preside di liceo e un busto in bronzo… deve salutare la folla con larghi e corretti gesti della mano; sorridere con labbra laiche e civiche, e soprattutto conoscere l’arte di apparire inanimato come un oggetto di gran valore. Il sindaco è il Primo Cittadino, è un’idea, un simbolo, un’astrazione che trova corpo ogni cinque anni; è uno piccolo sovrano provvisorio…”: scrivevo tempo fa. Ecco, tutti i mali di cui patisce questo nostro disgraziato e fortunato paese vengono proprio dalla sua classe dirigente, dalla spaventosa confusione che tutti noi alimentiamo per cui chi ha i “soldi”, ha la famiglia “rispettabile” alle spalle, cresciuto tra la Bocconi e la Luiss, è più “’ntist” e quindi comanda. Perché Guardia è un paese nel quale nessuno vuol recitare la parte che gli compete: tutti vogliono fare la primadonna, anche i maschi, e nessuno sa recitare senza il suggeritore… Ieri al bar di Geppino – per dire -, mi sorpresi a osservare i volti degli avventori; non un viso intelligente, occhi furbi soltanto, ma nessuna luce d’intelligenza. Cittadini socievoli (sia chiaro), ubbidienti, che pensano al pasto. Nessuna vera luce di intelligenza, se non la furbizia. Il guardiese è un personaggio istintivo che abbiamo costruito a poco a poco su vecchi motivi tradizionali, un tipo simpatico, che amiamo, pur giudicandolo severamente, buon padre, lavoratore, gran cuore, appassionato, modesto, ecc. Ma lo conosciamo ben poco; ad esempio, checché se ne dica, non è veramente religioso, è ateo, pensa soltanto ai quattrini, sogna di non lavorare, disprezza qualunque ordine sociale, anche se coltiva la terra, non ama la natura; sa difendersi soltanto dalle avversità, dal dolore, dalla fame. È un uomo feroce e casalingo. E in un mondo come quello di oggi dove tutti pensano soltanto a mangiare e a far quattrini, a divertirsi e a comandare, è necessario che vi sia ogni tanto uno che rinfreschi la visione delle cose, che faccia sentire lo straordinario di questa comunità nelle cose ordinarie, il mistero nella banalità, la bellezza nella monnezza. In mezzo a una schiera larghissima e potentissima di schiavi dell’opinione e della tradizione, di pedanti parassiti e sofistici, di predicatori delle vecchie leggende, di pappagalli pertinaci di tutti i luoghi comuni, è necessario un incendiario di buona volontà che bruci e smantelli per dar posto alla luce della piazza… Lo ribadisco, non ambisco ad alcun ruolo pubblico o politico (ho già dato). Io sono soltanto uno di questi individui che accettano il più ingrato dovere e la parte più pericolosa. Io non scrivo per farmi bello, non scrivo per ruffianeggiare. Scrivo unicamente per sfogarmi, nel senso più fognaiolo che vi sia dato pensare. Nulla di delicato uscirà dalla mia tastiera in corsa sullo schermo del vostro smartphone. Qualunque sia l’amministrazione di questo nostro paese sarò sempre all’opposizione.