Tutti sanno con quale trasporto seguo le supercazzole con scappellamento a destra dell’amministrazione Di Lonardo. L’altro giorno, ad esempio, uno di loro è riuscito addirittura a postare restando serio su Facebook un prezioso scampolo di prosa recitata che è già reperto d’epoca: “Oggi è la festa di San Pascasio, con la tradizionale fiera che si concilia con la fine della vendemmia. Castagne ed ombrello sono obbligatori!”.

L’amministrazione Di Lonardo ha appena compiuto quattro anni ed è tempo di bilanci. Ma prima di dire qualcosa in merito lasciate che vi confessi una cosa. Ogni giorno che passa ho sempre più voglia di parlarne, ma non voglio generare equivoci, non ho secondi fini, lo faccio volentieri, perché anche se si può parlar d’altro, non si può far finta di nulla, soprattutto se personaggi e situazioni della vita guardiese forzano il tuo pensiero. So che una parte dei lettori del blog (dedicato esclusivamente a Guardia Sanframondi, ricordiamolo) ancora sostiene a spada tratta Di Lonardo & C. e capisco, rispetto le loro ragioni e comprendo anche le loro (de)motivazioni e in taluni la percezione di tradimento, di resa e di puro galleggiare. Ma tuttavia non dimentichiamo che tra loro c’è anche chi si accontenta di quel poco e dice: ma che vi aspettavate, visto il quadro generale, i rapporti di forza, le pressioni, le direttive regionali e nazionali, i limiti economici? Non è per fare il Salomone se dico questo perché anch’io ho condiviso già prima delle elezioni di quattro anni fa sia l’impulso a non votare, sia la speranza di un cambiamento, sia la convinzione che chiunque avremmo mandato a gestire Guardia non avrebbe fatto niente per cambiare la situazione di questo paese; non mi aspettavo nulla. Chiamatelo realismo disincantato, ma la penso così. Perciò ogni volta che mi tocca affrontare tematiche o argomenti che investono direttamente chi è parte dell’amministrazione, il giudizio sul suo operato, lo faccio di buon grado. Anche se non mi va di fare polemiche né di dare sostegni a questo o quello, ed inutile dare pure consigli o soluzioni, come sollecitato da qualcuno. Così come rifiuto di solito ogni discussione, soprattutto sui social, per la semplice ragione che ne voglio star fuori; fuori da questo mondo virtuale e da questo modo di intendere la politica. Non è disimpegno, come racconta il giovane tafazzista alle prime armi, per restare sul suo terreno – lo capisco, fa il suo gioco -, perché il motivo non è farsi notare nell’assenza, ma al contrario chiamarsi fuori da un agone politico marcio, come quello guardiese. Tutta gente che appena gli dai un dito, si prende pure il coso, vabbè ci siamo capiti.

Dunque, al momento, meglio rigettare a priori ogni eventuale appello, perché preferisco star fuori, non fare passerella e non farmi notare. Perché il mio chiamarmi fuori e il mio essere contro, è dire di no a questa finta politica che condanna il mio paese all’irrilevanza sia sul piano sociale che sul piano culturale, e dove c’è ormai un’assoluta insensibilità per i conflitti d’interessi che sono ormai ambiente. Gli interessi li vedono tutti. Sono i conflitti che non vede più nessuno. Dopo aver vissuto una vita esprimendo le proprie idee e manifestando il dissenso, assumendo di entrambi le conseguenze, non vedo perché proprio ora dovrei modularle, per minuetti politici o dichiarazioni di finta ostilità che non mi riguardano. Tutto sommato non è la fine del mondo, non ti cambia la vita e tantomeno modificano gli ultimi scampoli di mal governo dell’amministrazione in carica. Ma rafforza l’idea che al momento sia meglio defilarsi, preferendo appunto occuparsi d’altro.

Come avrete notato, la premessa non è semplicemente una questione di ordine personale, ma contiene già il giudizio sull’operato dell’amministrazione Di Lonardo. Mi auguro davvero, e lo dico da tempo, che non duri affatto fino a fine mandato; preferisco altre ipotesi e commissariamenti vari. Perché ho difficoltà a formulare un giudizio positivo o una speranza su ogni componente della medesima e al loro operato. Visto che da quando scarseggiano i circhi e gli zoo, la cosiddetta Casa di vetro ne fa egregiamente le veci. Più gente entra, più clown si vedono. Di più non ho da dire, non ho grandi esultanze da esprimere né mi aspetto grandi cose per il futuro di Guardia. Semmai si può aggiungere che non sono quelli che oggi la occupano (la Casa di vetro, cit.), ma è la politica in questo paese a essere ormai ‘na cosa piccola, e non da oggi, quasi obbligata a dover seguire il carro trainato dal Boss delle cerimonie. Un po’ come quei traini di campagna della mia infanzia, dove il cucciolo di casa correva riluttante ma costretto a tenere lo stesso passo del mulo, come se fosse l’ultima ruota del carro.

Che in futuro ci sia ancora Di Lonardo o altri, cambia davvero poco. Il feuilleton ha strarotto gli zebedei e non può durare un altro anno (salvo sorprese). È il caso di darci un taglio. Stiamo a vedere cosa ci riserva l’avvenire e come reagiranno gli elettori guardiesi in questo caos. Ma la vera domanda è: alle prossime elezioni tutti quei cittadini guardiesi che non ne possono più di bestie rare o ammaestrate dai soliti noti, faranno come sempre, fischietteranno, o ammetteranno di essersi fatti fregare da gente che non crede in nulla può dire tutto e il suo contrario, che ha già fregato tutti (che poi è più umiliante che confessare di aver creduto a Wanna Marchi e al Mago do Nascimento).

Ovvio che poi, in questo vuoto pneumatico, soltanto la prova delle urne ci svelerà di che morte dovremo morire.