Più volte da queste pagine mi sono rivolto a chi ci sgoverna da più di quattro anni, il più delle volte per criticarli tirandomi addosso le ire dei talebani a prescindere, e altre volte ancora perfino con la pretesa di dargli dei consigli. Una pretesa del tutto a salve perché di certo non mi sono mai aspettato riscontri, né attenzioni né tantomeno risposte. E infatti non c’è mai stato niente di tutto questo, nemmeno di rimbalzo. Credo che siano troppo presi dalle loro cose (solo supercazzole a caso buttate là che nemmeno Cetto La Qualunque) per prestare udienza alle critiche e suggerimenti di un coglione come me. Così anche questa volta parlerò a vuoto, ma va bene uguale. Ve l’ho già detto: faccio quello che posso. E lo faccio comunque.

Il modo in cui queste personalità (per modo di dire) gestiscono (ancora per poco, si spera) questa pagliacciata di ente che è diventato il Comune di Guardia è totalmente fallimentare, al punto che viene da chiedersi quanto ci abbiano preso per il culo fino ad oggi. Lo stesso Napoleone – per dire – sentenziava che “per avere successo bisogna promettere molto e non mantenere nulla“. Ecco, direi che la gaudente combriccola appartiene egregiamente a questa categoria di prenditori di culo visto che al di là delle chiacchiere e delle parentesi con dentro niente, quando si è trattato di scelte concrete non sono ravvisabili differenze sostanziali con quelli che c’erano prima. Dicono i ben informati locali, ma non ho avuto conferme ufficiali per cui prendete il dato com’è, cioè apocrifo, che non mangeranno il panettone. Quindi, visto che con loro le cose stanno esattamente così possono andarsene anche subito. Anzi, devono, perché i presupposti per farlo ci sono già in abbondanza. Andatevene! E portatevi chi c’era prima di voi! Lasciate respirare questo paese! Tornate pure serenamente alle vostre originarie occupazioni, voi e quel che rappresentate. Finiamola con l’ipocrisia, da quattro anni Guardia è un paese morto. Farlo continuare ad amministrare da questa alleanza di zombie (tenuta insieme con lo sputo) significherebbe la fine definitiva della comunità, ammesso che nel frattempo non ci pensi qualcun altro (leggasi, cittadini guardiesi con i forconi).

Lo so che il mio aut aut fa ridere. Ma se perfino la finta opposizione oggi detta condizioni posso farlo anch’io. Io che ho sempre votato, anche a costo di scegliere solo il meno peggio, turandomi il naso perché è giusto farlo, ho preso atto che l’aria di questo paese è diventata talmente irrespirabile e i miasmi che si levano dalla parte alta sono talmente tossici che non basterebbe nemmeno una maschera antigas, altro che turarsi il naso, c’è un limite a tutto. Non posso più accettare siffatti personaggi nemmeno attraverso la punta di una matita su una scheda. E infatti l’anno prossimo i miei tre o quattro voti li sposto come voglio. Eppure c’è stato un tempo che quel fetore mi pareva tornato finalmente respirabile. Stavolta invece non bastano nemmeno le iniezioni di atropina. Ma alla fine è perfino giusto così, è la democrazia, bellezza! E poi, hai visto mai che qualcuno legga queste righe e faccia altrettanto. La mia paura però è sempre quella, di un film già visto troppe volte. Quello che dietro ogni idea di cambiamento, anche di quelle che sembrano le migliori, ci sono gli uomini. E gli uomini (e le donne) che in questo dannato paese si occupano o vorrebbero occuparsi della cosa pubblica sono quasi sempre piccoli, compromessi, pavidi, vittime del proprio narcisismo e schiavi delle loro stesse ambizioni, hanno cuori affannati e mani poco adatte a coltivare quelle idee di cambiamento che servono alla comunità e farle fiorire. E così quelle idee muoiono.

Allora, per chiudere, non resta che fare nostre le parole tratte da una canzone di Gaber: “…c’è una fine per tutto, e non è detto che sia sempre la morte”.