L’ultimo giapponese

giapponese ceniccolaRiporto la voce di un supporter di Amedeo Ceniccola, un commento frustrato, invelenito e non solo per il cattivo umore del “tifoso”: “Si è arreso come l’ultimo giapponese a guardia dell’isola deserta, così lui”. Ho ascoltato questa frase, stamattina, arrivata davanti al bancone del giornalaio e subito mi sono chiesto: ma in questa comunità ha ancora senso appellarsi alla coerenza, alle identità personali, politiche e culturali? Oppure le identità e la coerenza in politica e nella vita, in Italia e in questo paese sono reperti arcaici, inerti e retorici o, come rozzamente dice qualcuno, cazzate e baggianate? C’è ancora bisogno di punti fermi, di fedeltà che sfidano l’interesse personale e la direzione del vento? È così difficile accettare l’idea che nella politica ci sia un pensiero conservatore imperniato sulla coerenza e sull’identità? Una politica animata da passione civile e ideale che non si riduce a servitù e meschinità, putrefazione e affarismo? Ovvero tutto quello che lasciava trasparire all’esterno fino a qualche mese fa Amedeo Ceniccola, oggi chiuso nella psicotica ricerca del sé pubblico, tra nostalgiche reminiscenze, inaugurazioni, biennali, tagli di nastri e gnao gnao.

Ho ritenuto per anni l’opposizione alla classe dirigente egemone a Guardia – con tutti i suoi limiti – l’inevitabile riferimento per chi come me proviene da una storia e una cultura liberale e ho difeso (sbagliando) Amedeo. Ma non posso tacere il mio disagio davanti a questa lunga, indecorosa agonia, del medico mecenate.

Amedeo Ceniccola è sicuramente un politico molto abile. E soprattutto ha le idee molto chiare. È stato, checché ne dicano gli aficionados sempre pronti a dirgli di sì, alla stregua del suo antagonista/alleato, Floriano Panza, e a dispetto dell’età, la causa principale dell’invecchiamento della vita politica di Guardia e l’ostacolo alla sua rifondazione. E come Floriano Panza, con l’avanzare degli anni la sua monarchia popolare si è tradotta in monocrazia egocentrica. Non so dire se politicamente sia davvero finito, come ripetono gli osservatori da bar, sappiamo però che è capace di rinascite e comunque – nonostante tutto, e nonostante l’alleanza con il “manovratore” – detiene ancora un seppur minimo appeal elettorale: ma non ha espresso eredi e ha lasciato disperdere un patrimonio di sostenitori e simpatizzanti. Ma soprattutto non rappresenta più gli umori di Guardia. Di quell’area, in tutte le sue varianti, che ha oggi bisogno di nuove sintesi politiche, nuove strategie.

Lo ripeto da tempo, grazie all’inadeguatezza dell’amministrazione Panza viviamo in un paese di luttuosa allegria: urge un disegno organico per questo paese, una strategia lungimirante e una motivazione forte. Rivolta a “quelli che non vogliono farla finita con questo paese”. Quelli che vivono, anzi sopravvivono, un sonno della ragione senza sogni. Quelli che, invece di mettere un punto a tutto, dovrebbero mettere un punto e a capo. Quelli incapaci di uscire dal proprio ombelico. Quelli che vivono alla giornata senza ieri e senza domani. Piegati sul presente. Non avrai altro Dio all’infuori di Floriano. Spaventati. Incapaci di capire che abbiamo il paese nel sangue anche se ce ne vogliamo fuggire in tutta fretta. Incapaci di capire che questa comunità ha bisogno di qualcuno che la metta incinta. Che ingravidi il suo futuro.

Costi quel che costi, è tempo di anteporre agli interessi immediati, emotivi e personali l’interesse collettivo, politico e culturale. Non possiamo più vivere una pseudo-democrazia con un sindaco-competente e un reduce giapponese che non vuole abbandonare l’isola al centro e una costellazione di oppositori che ruotano in periferia. Questa non è una democrazia, ma un sistema solare.

Ma innanzitutto, è necessario che in questo paese i re abdichino.

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